GENOVA - Manca meno di un mese all’entrata in vigore della ormai famigerata ordinanza che ha gettato nel panico decine di migliaia di cittadini e lavoratori, che prevede lo stop alla circolazione su tutto il territorio del comune di Genova di auto e moto a benzina Euro 0-1 e diesel Euro 0-1-2-3, con gli ultimi ancora particolarmente diffusi, sia tra le auto private che tra i veicoli commerciali.
Uno dei tanti nodi che l’amministrazione non potrà ignorare, dopo quelli già sollevati da quella che sui social sta diventando una vera e propria sommossa popolare, è legato senza dubbio all’attraversamento della città sulla direttrice litoranea.
Genova è una città di transito, attraversata dall’Aurelia sul suo asse longitudinale ed è al centro di una delle principali arterie di comunicazione nazionali ed europee.
Non è pensabile che ogni veicolo che dovrà attraversare il territorio della Superba lo debba obbligatoriamente fare tramite l’autostrada e non sulla SS1, una delle più antiche vie di collegamento del vecchio continente; in caso di chiusure sulla A7, A10 o A12, la Liguria resterebbe nuovamente tagliata a metà, proprio come nei lunghi mesi successivi alla caduta del Morandi. Con la differenza che, questa volta, molti veicoli non potrebbero nemmeno uscire dal casello senza rischiare una pesante sanzione.
Da Voltri a Nervi, lungo l’Aurelia e sulle strade di scorrimento come Via Guido Rossa e la Sopraelevata Aldo Moro il traffico dovrebbe rimanere libero da vincoli per tutti i veicoli, proseguendo poi verso Corso Europa, fino al confine comunale a levante. Una correzione assolutamente necessaria che a Palazzo Tursi dovrà essere messa sul tavolo insieme alle tante altre deroghe richieste dai cittadini e ora anche dalle amministrazioni dell’entroterra, che si sono unite ad un fronte compatto composto da artigiani, imprenditori, trasportatori e da chi sta per vedersi negare la libertà di movimento autonomo.
Il paradosso di tutta questa storia è che Genova, la città con il territorio più complesso fra tutte le grandi città italiane, sta per attuare la più inapplicabile delle norme, più severa delle tanto temute aree B e C di Milano o del sistema a colori adottato da Torino, dove si può tranquillamente uscire dalla tangenziale a Moncalieri e raggiungere il Lingotto liberi da restrizioni.
Tra le tante soluzioni che la giunta Bucci potrebbe valutare anche quella del sistema MoVe-In adottato in Lombardia, Piemonte ed Emila-Romagna, che permette a tutti i veicoli di circolare, ma con un tetto massimo di chilometri all’anno che diminuisce a seconda della classe ambientale sul libretto di circolazione. Un’auto Euro 3, ad esempio, non può superare i 7000 km annui (che scendono a 1500 in Area B), una distanza ragionevole che potrebbe bastare a chi usa la macchina solo per gli spostamenti essenziali.
In tempi recenti diversi amministratori delegati di grandi gruppi automobilistici, con in testa il CEO di Stellantis Carlos Tavares, hanno affermato che il mercato dell’auto non si può fondare sulla privazione della libertà dei cittadini, schierandosi nettamente contro l’UE, le cui decisioni sulla salvaguardia ambientale sanno tanto di accanimento gratuito verso il settore dei trasporti privati; Bruxelles dimentica però altre enormi problematiche (navi ed industrie su tutte) che richiedono ben più impegno rispetto al bersagliare le fasce più deboli della popolazione per essere risolte.
IL COMMENTO
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