LIGURIA - "Il rischio zero non esiste". I tecnici di Regione Liguria ribadiscono che abbattere completamente il rischio idrogeologico non è possibile. In corso l'iter di approvazione del nuovo piano di gestione del rischio alluvione dell'Autorità distrettuale dell'Appennino Settentrionale.
La nuova mappatura colloca i territori della regione insieme a Toscana e Umbria. Di fatto il piano, realizzato solo da tecnici e che non prevede modifiche in consiglio regionale nel suo iter di approvazione, ridefinisce in modo puntuale e sfruttando le innovazioni tecnologiche e le conoscenze derivanti al rischio lungo la Liguria, una delle regioni con il più elevato rischio idrogeologico.
Il governatore della Liguria Giovanni Toti però risponde alle critiche evidenziate da parte delle opposizioni: "Si tratta di un piano di gestione ampiamente condiviso con tutti i soggetti coinvolti, sul quale negli ultimi giorni sono state dette cose gravissime accostando arbitrariamente la questione a quanto successo in Emilia Romagna, dove peraltro sono impegnati decine di volontari con la colonna mobile di Protezione Civile".
I punti principali sono l'aderenza alla disciplina di Distretto e la precauzione come sottolinea la Regione con un'attenzione particolare ad esempio sui divieti che riguardano i servizi essenziali come scuole, ospedali e centri di Protezione civile. Studi idraulici aggiornati, proposti da enti pubblici e validati da Regione e Autorità di bacino, presi a riferimento come presupposto per stabilire la pericolosità delle aree. L’univocità e cioè l’applicazione di regole omogenee sul territorio e sostituzione con un'unica disciplina di un groviglio di norme, atti e circolari accumulatesi nel tempo. "Criteri oggettivi e definiti a priori con minor spazio a deroghe e interpretazioni soggettive e/o qualitative" precisa Toti.
"All’interno di questo assetto normativo mutato e di queste nuove previsioni – spiega l’assessore alla Protezione Civile e Difesa del suolo Giacomo Giampedrone - c’è l’introduzione di alcuni vincoli maggiori rispetto alla disciplina precedente, oltre ad alcune migliori interpretazioni delle zone inondabili che vengono definite con maggiore precisione. Questo non significa permettere di costruire in aree inondabili, ma l’aver aumentato la conoscenza del nostro territorio, mappando aree di rischio che fino a dieci anni fa erano considerate pienamente edificabili".
LA FASCIA P3_0 VALUTAZIONE RISCHIO EDIFICABILITA' - A far scatenare le maggiori polemiche era stata l'introduzione della cosiddetta Fascia P3_0. Si tratta di una fascia di valutazione di edificabilità in zone a bassa pericolosità, data da un battente idrico del corso d’acqua che non supera i 30 centimetri e una velocità di un metro al secondo. Al di sotto di questa soglia, se c’è uno studio che dimostra che questi dati sono rispettati, si può valutare l’edificabilità. "Ovviamente non si tratta dei corsi d’acqua principali, che hanno le loro carte idrauliche e lungo i quali rimangono tutti i vincoli previsti. Stiamo facendo incontri con associazioni, sindaci, categorie produttive: nessuno ha rilevato che è una normativa estensiva, anzi alcuni hanno detto che è troppo restrittiva” precisa Giampedrone.
Le nuove norme, oltre a introdurre vincoli e disposizioni stringenti, prevedono che ogni intervento debba essere realizzato in condizione di gestione del rischio: sono consentiti quindi solo alcuni interventi in specifiche e definite condizioni costruttive, così da non mettere in alcun modo a rischio la pubblica incolumità o causare danni a beni pubblici o privati.
Le aree a ‘minore pericolosità’ devono essere individuate solo a seguito di studi idraulici accurati e aggiornati, svolti da enti pubblici e validati da Regione e Autorità di bacino. Oltre a questo, il concetto di ‘minore pericolosità’ delle aree esondabili è già presente nelle norme che regolano le possibilità di costruzione in Liguria: non viene introdotto con il regolamento ma esiste dai primi anni 2000, ed è presente anche nei regolamenti di altre Regioni.
IL COMMENTO
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