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Milone (rsu Fim Cisl): "Questo stabilimento ha un futuro se politica e azienda investono". A ottobre in funzione il secondo altoforno di Taranto. Attesa anche il bando di vendita
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GENOVA - Con la ripartenza del secondo altoforno di Taranto a partire da ottobre a Genova si arriverà fino a raddoppiare la produzione. È questo uno dei risultati dell'accordo siglato tra il ministero del Lavoro e i sindacati. I semilavorati prodotto a Taranto in parte andranno a Genova e consentiranno di aumentare una produzione al momento ferma quasi al palo. A livello nazionale infatti si produce circa un milione di tonnellate di acciaio all'anno sui sei potenziali.

L'accordo siglato prevede tra le altre anche il taglio del numero della cassa integrazione. A Genova inizialmente dovevano essere 400, il numero reale sarà di 270. A questo si aggiunge che chi andrà in cassa integrazione riceverà un implementazione economica tale da arrivare al 70% dello stipendio. L'obiettivo è quello nel tempo di ridurre nel il numero di lavoratori in cassa integrazione straordinaria fino ad azzerarsi a partire da marzo 2026 con i tre altiforni in funzione. Nel mentre si è riaperta anche la discussione sugli incentivi sui premi di risultato.

Un accordo che lascia soddisfatti sindacati e lavoratori come spiega Massimiliano Milone rsu Fim Cisl: "Si inizia a vedere qualche effetto dopo la gestione disastrosa dell'ad Morselli e di ArcelorMittal, è un gigante che stavano uccidendo non è facile farlo rialzare e ripartire".

Il secondo altoforno di Taranto servirà a dare slancio alla produzione nell'attesa che si arrivi al bando di vendita su cui il governo e i commissari stanno lavorando. Si parla di giorni ma presumibilmente si arriverà all'autunno autunno. Al momento sono sei le realtà che hanno manifestato interesse. Come spiegato dal ministro del Made in Italy Adolfo Urso si tratta di due imprese italiane tra cui il gruppo Marcegaglia, oltre ai player internazionali: si tratta di un player ucraino, uno europeo, uno canadese e due imprese indiane che opereranno insieme.

"È importante il fatto che ci è stato garantito che i sindacati potranno vedere prima il bando di vendita - spiega ancora il delegato rsu Fim Cisl Milone -. Non vogliamo bandi fatti al buio. Si deve ripartire dal fatto che l'ex Ilva è un pacchetto unico. Fino a questo momento i lavoratori sono gli unici che hanno pagato mentre i dirigenti sono entrati e usciti senza mai pagare".

A Genova sono occupati 985 addetti diretti a cui si aggiunge l'indotto e i quasi 300 dell'Ilva in amministrazione straordinaria che da anni attendono un rientro e sono impegnati in attività di pubblica utilità. Nel 2023 la produzione è arrivata a 287 mila tonnellate, mentre la produzione di banda stagnata è scesa a 79 mila tonnellate a fronte di una capacità produttiva di 220 mila tonnellate annue. Di fatto si lavora al 20% del potenziale.

A livello locale Comune e Regione hanno sempre sottolineato la centralità della produzione di acciaio. Lavoratori e sindacati ribadiscono come si tratti di una produzione centrale per dare lavoro alla città che potrebbe prevedere un aumento dell'occupazione. "Si tratta di un prodotto che ha mercato, l'ex Ilva di Genova è uno stabilimento compatibile con l'ambiente che utilizza lavorazioni tecnologicamente avanzate, ha bisogno di crescere e di uno sviluppo. Questo stabilimento ha un futuro se la parte aziendale e politica ci investono" conclude Milone dell'rsu Fim Cisl.

Proprio il ministro Urso ha spiegato a inizio estate che sono stati messi sul tavolo 1,7 miliardi disponibili per la riconversione degli stabilimenti. L'obiettivo è quello di arrivare ad una produzione carbon neutral entro il 2028.

 

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