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Ha avuto in dono la società dalla famiglia Garrone-Mondini, che forse avrebbe potuto usare "filtri" più efficaci
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di Stefano Rissetto

Massimo Ferrero, oggi 70enne, imprenditore cinematografico romano di alterne fortune, riceve in regalo la Sampdoria dalla famiglia Garrone-Mondini proprio mentre patteggia 1 anno e 10 mesi per la bancarotta fraudolenta della Livingston. "Ho vinto tutti i premi possibili" - detto nella surreale conferenza stampa a fianco di Garrone che a sua volta resterà impigliato alla frase "Ha passato tutti i filtri" - è la prima cosa che dice dopo il suo nome ed è una bugia.

Appena in carica, si distingue per le tirate in romanesco cartavetrato all'eccesso, le mise carnevalesche in tribuna con la sciarpa in testa, e più di uno scivolone con i tifosi tipo "l'inno fa schifo", "siete pochi", "prima di me la Sampdoria era conosciuta solo fra Recco e Chiavari", i gesti dell'ombrello alla gradinata dopo i gol e qualche malagrazia verso lo stesso Garrone, che pure gli aveva donato il club: "quando sono arrivato, a Bogliasco c'erano i cancelli arrugginiti e le docce rotte". Elegge a domicilio l'albergo più costoso di Genova, lo si vede spesso nei ristoranti più prestigiosi, gira con auto presidenziale sempre scortato dalle guardie del corpo. Arriva nel ritiro di Ponte di Legno in elicottero.

Ospitato a Sanremo nell'edizione 2015, attacca Vita spericolata ma allo scadere del tempo concesso andrebbe avanti e a Carlo Conti non resta che quasi trascinarlo bonariamente fuori dal palco, come già accaduto una sola volta nella storia del Festival, nel 1968 quando però i protagonisti erano stati Pippo Baudo e Louis Armstrong, incredulo che avessero fatto venire uno come lui dall'America per esibirsi solo per tre canzoni. Ferrero è ormai no limits: dà del "filippino" in diretta al presidente interista Thohir, indonesiano, e ne esce con un'ammenda. Sentenzia "la porta è come una donna, va penetrata" irritando l'altra metà del cielo e non solo. Sul tema aveva già sfrizionato con Ilaria D'Amico, propinandole una vecchia filastrocca per portarla col Mosquito a Ostia Lido, lei che aveva rifiutato un invito a Parigi in jet privato da un potente manager calcistico. A bordo campo sostituisce i ragazzini delle giovanili con affascinanti modelle in leggings.

Al nostro Maurizio Michieli, che aveva scritto di probabile cessione, intima di attaccarsi lasciamo perdere dove. Ai tempi della trattativa, del "signor Vialli" dice che doveva presentarsi "coi soldi in bocca" e che i "fondi sono sfondati". Il giorno della presentazione di D'Aversa, dà del "buffone" a un altro giornalista. Ogni tanto parla di candidarsi alle elezioni nazionali o alla carica di sindaco di Roma, rimproverando spesso il sindaco Raggi per le buche al Pincio, ma alla fine nessuno lo mette in lista. Non gli bastasse il Doria, manifesta interesse per più di una squadra in difficoltà, dal Lecce al Palermo: in Sicilia va a tastare il terreno, assistito dal commercialista Castrenze Guzzetta, ma il sindaco Orlando gli disegna apposta il bando contro. Quando ha voglia porta la squadra dal papa, anche a costo di stravolgere la logistica, tipo il ritiro a Roma per una partita a Firenze.

Agevolato da una sostanziale neutralità cronica di gran parte della tifoseria, solo oggi ridestatasi dal letargo, e dalla compiacenza di gran parte dei media, negli ultimi tempi Ferrero ha intensificato le apparizioni su reti nazionali, ospite sempre gradito nei contenitori pomeridiani come nei telequiz, per raccontare all'infinito la sua storia - il carcere minorile, il soprannome viperetta, il presidente operaio, l'aver fatto tutto senza soldi - e ogni tanto attaccar briga con qualcuno, come un no vax, fino allo scontro con un gigante della storia dello sport e della stessa Italia come Adriano Panatta, romano quanto lui ma assai più considerato dalla gente che conta.

E la Sampdoria squadra, che non perde occasione per dire "sua" come non faceva neppure l'uomo dei Sette Trofei? Statisticamente, è il terzo presidente più longevo di sempre. Compra e rivende giocatori con gran profitto per tre anni e poi la vena aurifera viene meno. In campo, ottiene due salvezze risicate contro anni di anonimi centroclassifica, fino alle traversie del presente. Abbandona al suo destino il "Ravano", fiore all'occhiello del suo ideatore Mantovani, mentre acquista due villette a Bogliasco per un settore giovanile che nella sua esperienza non ha mandato in prima squadra stabilmente un giocatore che fosse uno. Compra una palazzina sempre a Bogliasco per portarci la sede. Negli ultimi mesi, pur nelle difficoltà delle sue aziende sotto concordato, manifesta un fervore espansivo inspiegabile: apre la squadra femminile e quella di calcetto, un lussuoso negozio a tre piani in pieno centro che dovrebbe essere il primo di una catena con poli a Roma, Milano e Londra. Pare infine che abbia registrato alcune puntate di un reality. Ma il vero reality sono stati i suoi otto anni alla guida di una società che forse poteva essere regalata meglio.

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