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di Mario Paternostro

E’ vero. Hanno ragione sia Andrea Riccardi fondatore di Sant’Egidio, sia Ernesto Galli della Loggia editorialista del Corriere della Sera: i cattolici sono scomparsi completamente dalla politica e ora anche da questa pasticciata campagna elettorale fatta soltanto di titoli a effetto. Anche in Liguria dove pure il mondo cattolico, i preti soprattutto, nel passato hanno segnato parecchio e con notevole importanza alcune storiche scelte politiche. Scelte politiche, non partitiche. Grandi temi, non penose beghe per piazzare in lista questo o quello. Grandi  aree di pensiero e un  vero Centro che magari poteva oscillare, ma che riusciva a portare le istanze dei cattolici nei meccanismi della politica nazionale.

Il dibattito sul quotidiano milanese lo ha aperto Riccardi dopo Ferragosto, parlando esplicitamente di una “questione cattolica”. Con la “dissoluzione del 1994 si è aperta una nuova stagione, determinando l’eclissi della questione cattolica”.

Tangentopoli e fine della Dc. La fine del grande partito che riusciva nel nome di alcuni principi non negoziabili a far convivere Scalfaro con Moro, Taviani con Donat Cattin, Rumor con Fanfani, ha segnato anche la scomparsa di un progetto.

Interviene pochi giorni fa Galli della Loggia e torna su “l’eclissi cattolica”. “Esiste un mondo  cattolico che pensa, che scrive, che produce....ma nel discorso pubblico è un mondo pressoché assente” dove solo il Papa riesce a farsi sentire. Eppure sono i cattolici la più importante e grande rete sociale. Di cose ne avrebbero da dire, proporre e chiedere più di tanti altri che oggi si autonominano “categorie sociali”. Quindi voci da ascoltare.

Genova e la Liguria assistono alla stessa incredibile assenza. A questa scomparsa dalla scena pubblica certo colpa della secolarizzazione, ma secondo Galli anche per una perdita di identità.

Dove sono finiti i battaglieri preti liguri che sollevavano problemi con coraggio e intelligenza? Messi a tacere? O non riescono più a prendere una posizione?

Nel 1961 a Genova c’era un vescovo che si chiamava Giuseppe Siri, spesso mal raccontato e etichettato superficialmente come “conservatore intransigente” tout court che si scagliò contro il grande sindaco Vittorio Pertusio che apriva ai socialisti con molto pragmatismo e lo “invitava” a non presentarsi alla processione del santo patrono. Era lo stesso Siri che difendeva la rappresentazione al teatro Stabile de “Il diavolo e il buon Dio” di Sartre contestata dai moderati borghesi. Che tentava di mettere d’accordo imprenditori e camalli.

Poi arrivarono don Baget Bozzo e don Gallo, là dove predicavano grandi nomi come padre di Enrico di Rovasenda  e don Balletto e insegnavano coltissimi gesuiti come padre Millefiorini. E sotto elezioni i cattolici, anche  senza avere al fianco o contro la voce severa e ironica di monsignor Luigi Andrianopoli sul “Cittadino”, c’erano eccome!

Senza rimpiangere quei tempi, però la politica intesa come direzione della vita pubblica dovrebbe arricchirsi del loro segno. Soprattutto su alcuni temi sui quali si ascoltano oggi troppi sproloqui. Dalla situazione dei giovani dimenticati, sottopagati, costretti a scappare all’estero, alla tanto sbandierata riforma sanitaria in senso territoriale, dopo essere stata maciullata dai tagli decennali di ministri e assessori che inneggiavano all’aziendalismo ovunque, anche nelle corsie degli ospedali. Alla scuola, al lavoro. Alla violenza contro le donne. Ci ricordiamo ogni tanto a Genova che “il conservatore “ Siri volle i cappellani del lavoro nel 1951, ben prima dei preti operai francesi?

Possibile che con queste premesse, oggi tra pandemia, guerra in Ucraina, crisi ambientale, rischio sociale spaventoso, i cattolici stiano zitti? Non chiedano, non costringano i politici al confronto? E invece si amalgamino un po’ con tutti i partiti e movimenti, rinuncia do alla loro storia? Anche a Genova città che non si è mai fatta imbavagliare.

Oddio....starò forse rimpiangendo la Democrazia Cristiana d’antan? No. Però...