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di Silvia Mesturini

Disturbi mentali. Sarà giusto mettere due parole così forti in un titolo, mi sono chiesta?
Qualcosa che disturba la mente, una malattia che modifica il tuo modo di vivere/agire, alterazioni patologiche che agiscono su più sfere della tua vita. Va be', potrei girare intorno alla definizione rendendo più gradevole il suono di lettura ma penso che la nostra società debba far pace con il fatto che la mente si possa ammalare. E quindi sì: "Natale, quarantena e disturbi mentali".
Faccio una premessa, non è mia intenzione paragonare quello che state per leggere ad altre situazioni di difficoltà/dolore/mancanze sanitarie. Parlo semplicemente di ciò che ho vissuto e vivo in prima persona.

Ora veniamo alla correlazione degli elementi.
Il periodo delle festività natalizie è, per molte persone, il momento in cui si sente maggiormente il vuoto dei posti mancanti a tavola, dei cambiamenti familiari avvenuti nel corso degli anni, di ciò che non si ha. Un vortice di emozioni.
Se in più soffri di una malattia mentale e ti trovi in quarantena da solo/a diventa una situazione che la mia analista anni fa avrebbe definito come "ad alto pericolo".
Ed eccomi qui! Per fortuna dopo anni di analisi e un maggiore controllo del disturbo alimentare che mi ha accompagnata per tempo.
Quattro anni fa avrei speso il mio stipendio comprando mezzo supermercato al giorno (ovviamente con ordine online e consegna a casa), mettendo in pratica ogni video di ricetta proposto dai social (con tanto di inchino di tutti i vincitori di Masterchef), per poi dare libero sfogo e coprire il senso di vuoto con il cibo e tirare poi tutto fuori con qualche rituale compensatorio liberando così anche le emozioni.
Ero terrorizzata che potesse succedere.
Quando ho scoperto di essere positiva e per fortuna mi sono resa conto di aver preso il Covid con pochi sintomi e curabili in casa, il mio pensiero è stato questo: "devo tenere la situazione sotto controllo".
E così sto facendo, grazie ad un solido percorso alle spalle e persone splendide a cui sono riuscita ad affidarmi.
Ma il mio passato non poteva lasciarmi tranquilla del tutto. Ça va sans dire, mai una gioia neanche sotto Natale.
La paura di una perdita di controllo emotiva (che avrebbe quindi facilitato lo sfogo bulimico) ha fatto sì che trasformassi la casa in una bolla, una protezione da tutto, da ogni vibrazione positiva o negativa. Una sorta di interruzione apatica in cui sentirsi sicuri e gestire il momento.
C'è un misto di sopravvivenza e di instabilità in tutto ciò, un equilibrio precario: il riuscire a mantenere la calma in casa attraverso un atteggiamento positivo e il graduale distacco dall'esterno, anche dal bello. Ciò che in casa è buono, ciò che è fuori è lontano. Riesco a razionalizzare tutto questo, a identificarlo e ad elaborarlo da sola e sono quindi in grado di sorridere sapendo che, una volta finita la quarantena, saprò scoppiare la bolla (mi auguro senza danni). Ma per chi è ad un altro punto del percorso, della consapevolezza della malattia, mi chiedo, chi aiuta chi non sa a chi rivolgersi?
Per chi soffre di depressione e sta passando la quarantena senza alzarsi quasi dal letto, chi c'è? Come peggiorano le condizioni cliniche di chi ha appena iniziato un percorso di cura o non è ancora riuscito a chiedere aiuto?
Nella solitudine della quarantena, chi non ha ancora fatto pace con il silenzio da chi è sostenuto?
E in questi giorni, particolarmente, quante persone patiscono il Natale? Per quanti anni ho odiato le lucine e le canzoncine, sentendomi poi in colpa nel farlo, quasi tradendo la bimba che c'è in me che voleva gioire, soffocandola in un sorriso di copertura che nascondeva le lacrime. E per quanti ancora è così? È difficile affrontare questo costante sentirsi sbagliati in un clima di festa, tornare a fare foto in mezzo alle luci o canticchiare l'intero repertorio di cover di Bublé.
Spesso bisogna essere sorretti da qualcuno per tornare ad apprezzare questo periodo. Vorrei che la rivoluzione sanitaria andasse anche in questa direzione, ecco l'augurio per questo Natale. Nel mio piccolo, con queste poche righe, spero di far arrivare un abbraccio ed un messaggio a chi si riconosce in quanto letto, anche solo ad una persona:
Non sei solo, non sei sola.