La Liguria piace ai turisti di mezzo mondo: quella che a spanne potrebbe sembrare una bella notizia sta però accendendo in questi giorni un vigoroso dibattito sulla gestione dei flussi, sul rispetto dei luoghi e sulla convivenza tra ospiti e residenti. E siamo arrivati al punto, l’idea è nata nelle 5 Terre, di ipotizzare l’istituzione di un numero chiuso per evitare assembramenti. Come spesso accade si stanno già formando due schieramenti contrapposti tra chi è favorevole e chi è contrario: in linea generale appartengo al secondo partito.
La nostra è una regione che vive di turismo: fatta eccezione per le tre città più grandi, Genova, La Spezia e Savona, che hanno un’economia più articolata, il resto della Liguria basa le proprie entrate sul turismo e sulle attività ad esso collegate. Anche alcune produzioni di nicchia, mi vengono in mente i vini, il damasco, le ceramiche, l’ardesia, non riescono a generare vaste ricchezze di per sé ma trovano un senso più profondo nel loro rapporto con chi viene a visitarne i luoghi. La forza trainante della nostra economia, sempre escludendo dall’equazione le tre città medio – grandi, è quella che arriva dal mare e dai nostri paesaggi. Ecco perché ogni considerazione sul limitare la forza di questo flusso va maneggiata con cura.
Un errore che non dobbiamo mai commettere è dare per scontato il favore dei turisti: disponiamo di luoghi incantati a due passi dal centro dell’Europa, questo è vero, ma le dinamiche che sono capaci di muovere milioni di persone sfuggono alle ovvietà. Non è la bellezza di per sé ad attrarre gli individui ma un complesso di azioni di marketing che rendono un luogo più appetibile di un altro: siamo belli e ben piazzati ma non si creda che questo basti.
Vi è un secondo aspetto che va preso in considerazione: la Liguria non è tutta 5 Terre e Portofino. E’ difficile, almeno in questa fase storica, che questi borghi possano perdere fascino ma ci sono molte altre aree della regione che senza di loro perderebbero appeal. Nessuno si senta offeso, ogni area della Liguria è bellissima ma difficilmente si parte dagli Stati Uniti per fare una passeggiata a Santa Margherita: e togliere la nostra costa dagli itinerari italiani del turismo internazionale si tradurrebbe in un disastro economico.
E’ però altrettanto vero che nelle zone di maggiore interesse qualcosa deve essere fatto: viaggiare stipati su un treno per andare a visitare un borgo stracarico di persone non è quello che i turisti sognavano quando hanno prenotato la vacanza. E alla lunga la pubblicità negativa che ne potrebbe derivare sarebbe dannosa.
Più difficile è l’altra ambizione di chi sostiene l’idea del numero chiuso, cioè cercare di non snaturare i nostri borghi: le 5 Terre non possono vivere di solo Sciacchetrà e Portofino non può tornare a essere un porticciolo di pescatori. I nostri sono, ormai, paesaggi da cartolina che profumano di antico ma dell’antico hanno solo le mura. Trovo inutile rincorrere un passato che non esiste più, molto più ragionevole è restare attaccati al paesaggio, difenderlo dall’attacco dell’uomo, ma accettare l’inesorabile cambiamento imposto dai tempi. Portofino è fatta dalle ville, dagli yacht, dai ristoranti costosi e dalle boutique: ha una sua storia e persino alcuni residenti ‘normali’ ma non è per loro che si pagano 6 Euro l’ora di parcheggio. Anche i più romantici devono farsene una ragione.
Sul come impostare il limite all’afflusso incontrollato io ho un solo consiglio: usate sempre il sorriso e cercate di non dare mai a vedere che i turisti vi stanno antipatici perché quando se ne accorgono non tornano più. Si studino regole a misura di turista, si usi la tecnologia ma non sia dia mai l’impressione di voler erigere un muro.
Altrimenti si fa la fine di Lerici, borgo incantevole della Liguria di levante, che ho ben conosciuto per averci vissuto qualche anno. Per limitare il turismo mordi e fuggi e ridurre l’inquinamento atmosferico fu istituita, ormai molti anni fa, una ferrea Ztl che isolava l’intero centro abitato (credo che oggi le cose siano un po’ cambiate, ma non so con certezza). Al di là di una galleria erano stati piazzati molti bizzarri cartelli di divieto, incomprensibili anche agli istruttori di scuola guida, e un semaforo che stava sempre sul rosso. Mi è capitato più volte di bussare al finestrino di fiduciosi turisti fermi allo stop per di dir loro: “Nan, guarda che viene verde a settembre…”.
Ecco, studiate quel che vi pare ma non fate niente del genere: ricordatevi che sono quelli con i sandali e i calzini bianchi che vi danno mangiare. Accoglieteli con lo stesso rispetto con cui maneggiate le loro banconote.
IL COMMENTO
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