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di Michele Varì

GENOVA - Una coppia di anziani in piedi sul piccolo bus numero 84 che da Brignole sale lento verso le alture di San Fruttuoso. I due devono scendere a metà di via G.B.D'Albertis: la donna, capelli bianchi, occhiali, viso curato, come l'abbigliamento, gonna chiara, giacchetta con blu, con un filo di voce, gentile, si rivolge a un quarantenne che gli è di fronte, un tipo alto, barba bianca accennata, apparentemente un normale passeggero più che un bullo fuoricorso che se ne sta accampato davanti alla porta centrale d'uscita ad ascoltare come una ragazzino musica con le cuffiette.

E' l'anziana a rivolgersi a lui, con grande educazione, quasi dispiaciuta di doverlo fare, gli chiede sussurrando: "Mi scusi deve scendere?", per fare capire allo sconosciuto che vorrebbe avvicinarsi all'uscita.
La reazione dell'uomo è scomposta, vile, una cattiveria senza motivo, lancia appena un'occhiata alla donna e la redarguisce: "Non siamo ancora alla fermata...".

L'anziana ci rimane male, non risponde, è intimorita, come il marito, che non parla.

Io sono lì, quasi viso a viso con un altro passeggero, sui trent'anni, che come me ha ascoltato tutto e come me sta per parlare. Ci guardiamo, interveniamo quasi insieme, rivolti contro il quarantenne: "La signora ha solo chiesto di farla passare, perchè rispondere in modo così brusco?", diciamo tutti e due con tono pacato ma fermo.

Il maleducato accusa il colpo: non ci guarda, abbassa la testa, si sposta per lasciare passare la coppia di anziani. La signora appare sollevata dalla nostra riposta, rinfrancata dalla nostra istintiva solidarietà e, quando ci sfila al fianco, ci dice: "Gli ho solo detto che devo scendere, perchè mi ha risposto così?" ribadisce con un filo di voce. "Un po' di gentilezza non guasterebbe", risponde l'altro passeggero intervenuto, io lo guardo, lo vorrei abbracciare, bello vedere che c'è ancora qualcuno che non si fa i fatti suoi, bello sapere che sui bus fra tanta indifferenza e prepotenza viaggiano anche persone come lui. Capaci di indignarsi anche solo di fronte alla mancanza di gentilezza.

E dire che per promuovere gentilezza è stata istituita anche la Giornata mondiale della Gentilezza, che si celebra il 13 novembre: un appuntamento nato in Giappone grazie al Japan Small Kindness Movement, fondato nel 1988 a Tokyo, dove due anni prima si era costituito un primo gruppo di organizzazioni riunito nel World Kindness Movement (Movimento mondiale per la Gentilezza).

In questo giorno si chiede di promuovere l’attenzione e il rispetto verso il prossimo, la cortesia dei piccoli gesti, la pazienza, la cura, l’ascolto dei bisogni degli altri senza dimenticare i propri.

Perchè la gentilezza è educazione, cortesia, dire grazie, per favore, prego e scusa.

Ma la gentilezza è anche essere attenti agli altri, generosi e disponibili.
Compiere atti di gentilezza, dicono gli esperti, aumenta la soddisfazione per la vita, l'umore e stimola il rilascio di serotonina e ossitocina, riducendo così paura e ansia. Insomma, la gentilezza è una pratica di buone maniere che fa bene e rende migliori noi e gli altri, perchè tutto alla fine torna. E bisognerebbe festeggiarla ogni giorno. Anche quando si sale su un piccolo bus che sale sulle pendici di San Fruttuoso.