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di Luigi Leone

Puntuale come il cambio di stagione, arriva la polemica sulla impossibilità di trovare personale stagionale per le strutture turistiche e commerciali. In Italia, secondo fonti di informazioni, sarebbero almeno 100.000 le posizioni scoperte. Oltre cinquemila nella sola Liguria. Mancano camerieri, pizzaioli, bagnini e quant'altro. Tutta colpa, sembra, di politiche fin qui puntualmente sbagliate.

Difatti ecco Confesercenti, secondo quanto riporta La Stampa: "Bisogna garantire maggiore flessibilità contrattuale, rafforzare le politiche attive e per la formazione, proseguire con la riduzione del cuneo fiscale, detassare i futuri aumenti e reintrodurre i vaucher e, in forma semplificata rispetto al passato, il job sharing, eliminando inoltre il tetto di ore minime che molti contratti ancora impongono per il part-time".

Chi come me è avanti negli anni, ricorderà quanto si diceva in passato: Confcommercio è della Dc, Confesercenti è del Pci. Quel collateralismo, come si chiamava allora, è per fortuna finito. Resta il fatto che in Confesercenti certo non sono i peggiori "destri" del Paese, eppure la ricetta dell'organizzazione sembra rispondere solo alla logica datoriale. Per carità, ognuno fa il suo mestiere, tuttavia un dubbio dovrebbe almeno venire: non sarà che gli imprenditori vogliono fare sempre più profitti e di tutto il resto non gli frega niente?

So perfettamente che queste parole mi attireranno molte antipatie, ma chi mi conosce e chi ha avuto la pazienza di seguirmi in questi anni sa che non sono un pericoloso bolscevico. Mi chiedo: possibile che tutti coloro che "contano" si pongano essenzialmente dal punto di vista di chi dà il lavoro e pochissimi, invece, facciano lo stesso esercizio dal lato di chi lavora?

L'ho già scritto e lo ripeto: un conto è dire in tivù che applichi un contratto e paghi in chiaro, altra è la realtà del nero che continua a proliferare. E le paghe sono molto basse per rendere almeno dignitosi certi lavori. Difatti ci sono due cose che non si spiegano. Uno: perché i giovani le stesse cose che rifiutano in Italia le vanno a fare all'estero? Due: se certi lavori rispondessero ai requisiti minimi della accettabilità, come mai non ci sono frotte di cinquantenni e sessantenni (sono moltissimi di questa fascia d'età a trovarsi disoccupati) pronti per gli imprenditori che poco prima di ogni estate cominciano la loro litania?

Cito solo una delle molte cose che i proprietari delle aziende possono fare con le norme vigenti: il turismo è l'unico settore che gode del lavoro a chiamata. Cioè: se hai bisogno di un lavapiatti, di un cameriere o di quant'altro, prendi semplicemente una persona, aggirando tutti gli altri passaggi. Invece...

Invece si va a caccia di qualunque cosa possano pagare in milioni per arricchire pochi. Per esempio: se tu dici che bisogna detassare e non versare i contributi anche per le attività meno "invoglianti", stai affermando che tutti noi dobbiamo contribuire, con il fisco e con la previdenza, affinché l'imprenditore veda crescere il suo profitto.

Io ho molto rispetto per questa categoria, che non conosce né orari né festività e spesso non riesce neanche a dormire pensando a come portare avanti la propria attività e coloro che vi lavorano. Ad ascoltare certi discorsi e a toccare con mano certe realtà, però, ho il dubbio che questo genere di imprenditori siano sempre di meno.