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di Giovanni Porcella

Il Covid, la paura, un anno e mezzo difficile hanno messo all’angolo il calcio e le passioni che sa scatenare. Ma al Genoa la lenta e tormentata ripresa pare andare su un palcoscenico tutto suo perché non grigio ma finalmente illuminato.

A Genova, parte rossoblu, c’è un’euforia come se fosse finita la guerra. Non contro Preziosi in fondo, ma contro un destino che pareva irreversibile ancor di più in tempo di pandemia. La calata di questa holding americana, su cui ancora bisognerà scoprire molti aspetti e semplicemente andranno seguiti nei loro progetti che illustreranno, è stata una scintilla per far rianimare una tifoseria spiaggiata da anni refiosi a dirla alla genovese.

Ora ci si incontra e quasi ci si abbraccia, in realtà non si può, come se veramente fosse finita la guerra. Prendo umilmente spunto da il grande Gianni Mura che attaccò il suo pezzo su Repubblica dopo Genoa-Oviedo di Coppa Uefa con qualificazione ottenuta con gol di Skurhavy e successivo boato del Ferraris e incontenibile gioia del presidente Spinelli, proprio con due righe uniche: “C’è gente intorno a me che si abbraccia come fosse finita la guerra”. Mai è stata celebrata così una vittoria che pure non era una finale.

A distanza di decine di anni quella immagine potrebbe trasferirsi a Marassi domenica sera per la sfida Genoa-Roma che già è un match che vale tanto per la classifica tremebonda del Grifone, ma che vale come appuntamento unico: è la partita che fa partire un’altra pagina della lunga storia di questo club fondato nel 1893. Dagli inglesi agli americani di 777 Partners che hanno portato Shevcenko come mister e che hanno nominato a sorpresa il professor Alberto Zangrillo noto medico, non solo perché al fianco di Silvio Berlusconi, ma soprattutto un grande tifoso genoano. Insomma un pallone d’oro in panca e uno da Gradinata Nord in tribuna. Basterebbe questo per sognare dicono quelli che hanno i capelli bianchi giocando a carte nei club dove campeggiano le foto ingrigite dei miti del passato, aggiornate da Branco e Aguilera fino a Milito. Invece non basta.

L’eredità raccolta dagli statunitensi è una squadra falcidiata da infortuni e che si scopre con un tasso tecnico approssimativo tanto che a gennaio serve una cura da cavallo e soprattutto tanti dollari o euro, fa lo stesso, per non finire male, per non mortificate questo rinascimento di una società che stava scivolando nella malinconia. Inutile girarci intorno, Con la Roma di Mourinho servirà un miracolo ma a pensarci bene in quella serata il Ferraris era una bolgia come sarà anche stavolta e l’aria di orgoglio ritrovato si respira pure in questi giorni dove tra genoani ci si guarda come se fosse finita la guerra. Giusto il tempo per iniziarne un’altra, magari più ambiziosa, ma senza facili illusioni.