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di Mario Paternostro

La riga di cassonetti della spazzatura sistemati come una lunga metallica barriera davanti al Palazzo di piazza Fontane Marose dove passò anche Napoleone (credo?) nella sua festosa settimana genovese ha infiammato il sangue della Soprintendenza che non si era acceso nemmeno per il cementizio vespasiano di piazza Portello. “Si taglino in due o in tre – ha sentenziato – o si levino del tutto”. Aggiungiamo noi poco intendenti “lasciando che tale spazio venga occupato da furgoni in doppia e tripla fila” e magari la rumenta svolazzi libera e felice nella splendida piazza-autostrada.

A me non creano problemi così camuffati da antichi palazzi a schiera genovesi e effettivamente basterebbe non presentarli come la diga di Begato dei rifiuti a pochi metri dai “Palazzi dei Rolex” come rivela l’architetto Fera in un divertente articolo e spezzettarli tutto intorno, qua e là dove c’è lo spazio (dove?) lasciato dai furgoni che consegnano viveri e pacchi alla popolazione affamata e assetata.. Meglio l’assalto dei furgoni o quello dei cassonetti?

Il “trenino dei rifiuti” come è stato definito, speriamo che accenda i globuli rossi dei controllori istituzionali (con la Sovrintendenza in prima linea, s’intende!) anche su altre brutture cittadine, probabilmente più urticanti del cassonetti-maison. La più insopportabile per me è la pitturazione di muri e palazzi, scegliendo quelli che hanno appena usufruito dei superbonus 110, quasi volessero con questa novella “Genua picta”, punire in modo incancellabile questa iniziativa di governo cinquestelle che ha scatenato i cantieri anche a Genova e che ora viene indicata come la rovina del Paese e la causa del prossimo collasso definitivo anche della sanità pubblica, che questo governo ha abbandonato al suo destino, abbandonando anche gli italiani e i liguri che non possono spendere nelle strutture private.
La vita di Genova da tempo è riscritta sui muri. Alcuni graffiti devo ammettere che sono spiritosi, altri meno. E’ lo sporcare per sporcare che mi esaspera e che francamente non ho ritrovato in altre città italiane con le proporzioni che il fenomeno assume a Genova.

Sono un grande ammiratore dei murales di Certosa, davvero emozionanti. Non delle schifezze sui palazzi di via Balbi (dei Rolex anche questi….!), o del centro storico, o di via Assarotti o di Circonvallazione o, udite-udite! di Carignano. A questa offesa più forte e dannosa del “trenino dei rifiuti” aggiungo per restare in tema l’uso non dei cassonetti, ma dello spazio che sta intorno a loro. Che diventa il vero luogo di deposito della spazzatura. Di ogni fattezza: resti di cene abbondanti, vasta esposizione di birre estere, ma soprattutto scatoloni di cartone consegnati dai furgoni in doppia o tripla fila che vengono mollati sotto i cassonetti perché così grossi non passano dal buco. Il consumatore medio non ha capito che lo scatolone vuoto si dovrebbe frazionare facilmente, piegare e rendere gettabile anche dentro i porta-rumenta anche se fatti come i “palazzi dei Rolex” di cui sopra.

Eppure il servizio degli Ecovan (credo si chiamino così) funziona benissimo e è a disposizione gratuita della popolazione anche due volte la settimana in tutti i quartieri della città. La vecchia stampante invece che essere lasciata sotto al cassonetto di Ponte Caffaro può essere portata alla raccolta gratuita settimanale nei giardini di corso Firenze o all’Albergo dei Poveri, così come il lucido bidet che ho trovato sulla scalinata di San Bartolomeo degli Armeni in una giungla di rigogliose verdure può essere consegnato in piazza della Zerbino.

Perché siamo così sporchi e così spesso incivili? Forse ci meritiamo dei “Frecciarossa di cassonetti” piazzati a barriera lungo i marciapiedi della nostra città, con buona pace dei sovrintendenti, a ricordarci che Genova è casa nostra e siamo noi per primi a doverla tenere in ordine.