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di Claudio Mangini

Chiamiamola schizofrenia tecnica. Dirigere tutta una partita fra cartellini generosamente elargiti e falli di gioco ignorati, diciamo all’inglese, per poi diventare il Signor Precisino quando si tratta di fischiare un contrasto in area in cui il difensore tocca prima la palla del corpo dell’attaccante. Senza ricorrere all’on field review. Il tutto dopo aver, analogamente, trascurato una verifica su un’azione di contropiede del Sudtirol probabilmente viziata da fallo di mano. Parliamo, ovviamente, di Ivano Pezzuto. Schizofrenia tecnica significa due pesi due misure, incapacità o, a essere buoni, giornata storta. Di certo, quell’episodio ha segnato una partita in cui il pareggio era probabilmente il risultato più giusto, addirittura, a leggere le statistiche, un po’ stretto per la squadra di Pirlo. Detto questo la Samp passa dall’illusione della vittoria in trasferta, che avrebbe significato salto di qualità, all’ennesima ricaduta nelle sabbie mobili di fondo classifica e, soprattutto, si ritrova di nuovo a fare i conti con i propri limiti di gestione della gara.

Ma l’episodio del rigore, con successiva espulsione di Pirlo (e per far perdere la pazienza al Maestro ce ne vuole…) e del preparatore Bertelli merita una riflessione più ampia. Sabato, nel dopo partita del Druso, a sottolineare l’influenza delle (ingiuste) decisioni arbitrali sul risultato ha preso la parola Nicola Legrottaglie. Che al di là dell’ampollosa definizione del suo incarico (head of performance) è un giovane manager (e una persona degna della massima stima) che sta cercando di crescere parallelamente alla nuova Samp. Matteo Manfredi non c’era, impegnato nella ricerca di nuovo finanziatori aderenti al Progetto; Andrea Radrizzani da qualche tempo è defilato; Marco Lanna è un presidente amatissimo dai tifosi ma ai margini, o emarginato.

La società – così com’è, lo capisce anche un bambino – è carente, povera di struttura e di immagine. Il tutto, lo ripetiamo per l’ennesima volta, al netto dei ringraziamenti per il salvataggio in via di definizione. Se oggi come oggi, Manfredi&Radrizzani non vogliono o non possono intervenire, anche per motivi di correttezza formale (il closing non è ancora completato), serve un direttore generale esperto, autorevole e conosciuto. Punto. Ma una riflessione in merito va fatta.  

Per quanto riguarda il campo, La Sampdoria parte benino, gestisce e mantiene l’iniziativa, passa in vantaggio e, fin qui, tutto bene. Poi, una volta avanti, subisce il ritorno del Sudtirol, il pareggio, infine torna  a fare gioco propositivo ma poco concreto subendo però le folate della squadra di Bisoli, la cui grinta sembra reincarnata nella furia di Merkaj, molto ben supportato da Casiraghi e dal velocissimo e intraprendente Cisco. Il resto lo sapete. Ma, a dire la verità, lo sapevamo tutti che questo è il copione abituale recitato dai bolzanini: che partono mantenendo il controllo e cercando di limitare i danni per poi crescere di ritmo e propensione offensiva. Lo sapevamo tutti e pure Pirlo. Che forse sbaglia nel togliere troppo presto dal campo Kasami e Verre, il quale costringe sempre un uomo in controllo stretto anche quando non è in giornata ispirata. E quindi serve in campo più di Askildsen. Detto questo, sono chiare due cose strettamente connesse l’una all’altra: la Samp (per i mille motivi che sappiamo, dai limiti operativi imposti ad errori di mercato agli infortuni) è una squadra incompleta; alla Samp, anche quando fa bene il compitino, manca il colpo del ko, con quel che ne consegue.