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di Luigi Leone

Dice il governatore ligure Giovanni Toti: “Abbiamo il numero di occupati più alto nella storia di questa regione”. Poi, però, deve convenire con il segretario regionale della Cisl, Luca Maestripieri: “Ci sono ancora troppi contratti a termine, troppe realtà che non rispettano i diritti fondamentali dei lavoratori, troppi impieghi pagati poco”. Toti e Maestripieri compiono un esercizio di rinuncia all’ipocrisia. Vedremo se ci saranno seguiti concreti.

Ma non tutti fanno questo gesto di onestà intellettuale. Il Primo Maggio è passato solo da qualche giorno, siamo ormai nel pieno della campagna elettorale per le europee e ogni partito affila gli argomenti che vuol cavalcare. Noi elettori siamo pronti a farcene un ragione, però…

Per esempio, a gennaio 2025 chi non supera i 28.000 euro di retribuzione in una famiglia monoreddito troverà 100 euro in più legati alla Tredicesima. Matteo Renzi lo ha ampiamente dimostrato con gli 80 euro dell’epoca: non sarà una grossa cifra, ma è meglio di niente. E va bene.

Ma il governo guidato da Giorgia Meloni detta Giorgia, come chiede di votarla alle europee, in origine ha omesso che ci sarà il 23 per cento di tassa, quindi i 100 euro diventano 77. Inoltre: doveva per forza annunciarlo adesso, visto che non è riuscito a trovare i soldi necessari a finanziare subito il bonus? Poche balle: la ragione è banalmente elettorale. In Italia saremo anche poveracci, ma mica siamo scemi!

Non è finita. Il salario minimo è diventato un mantra e sta per trasformarsi in un referendum per il quale saranno raccolte le firme. Questione di opinioni. Però mi aspetterei che il leader della Cgil, Maurizio Landini, la segretaria del Pd Elly Schlein e i sostenitori del provvedimento dicessero fino in fondo la verità. Chiarendo, cioè, che i famosi 9 euro all’ora da loro proposti li prendono quasi tutti. Poi, certo, c’è chi non li percepisce.

Ad esempio le guardie particolari giurate e i servizi fiduciari, che con il nuovo contratto tuttavia si avvicinano a quella soglia. E ancora i/le badanti, perché le associazioni familiari che fanno capo a Cgil e Pd si sono fatte (giustamente) sentire a tempo debito. Ah, pure i soci-lavoratori delle cooperative possono non arrivare a nove euro, perché una norma stabilisce che ad essi vanno applicati i contratti collettivi di lavoro ma per le stesse cooperative è più facile derogare, ricorrendo ai loro regolamenti. Non bisogna inoltre dimenticare le migliaia di partite Iva, finti autonomi che invece svolgono attività dipendente non riconosciuta e quindi il salario minimo non è applicabile. Sono tutte deroghe delle quali la Cgil, il Pd e compagnia cantante non parla. Figurarsi se lo farà in campagna elettorale.

Ecco, un Primo Maggio davvero diverso sarebbe quello che festeggiasse riforme strutturali essenziali, come la cancellazione delle decine di contratti firmati dalle sigle più disparate. Si prenda il migliore economicamente, si applichi quello e gli altri vengano ipso facto cancellati. Non si può? Non si vuole.

Oppure prendiamo la storia degli incidenti sul lavoro, che ogni anno mietono 3 vittime al giorno, più decine di feriti. Basterebbe stabilire che chi si è aggiudicato un appalto risponda direttamente della sicurezza del lavoro, anche se dovesse affidare in sub-appalto delle attività. C’è da scommettere che ci sarebbe subito un riscontro positivo. Invece niente. Non si può? Non si vuole.

L’articolo uno della nostra bella Costituzione stabilisce che “l’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro”. Tutte le forze politiche fanno a gara nel ricordare proprio questo passaggio della Carta. Il Primo Maggio, poi, non se ne dimentica nessuno, ma proprio nessuno. Già all’indomani, però, si passa ad altro.