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di Elisabetta Biancalani

“Schiaccia REC, conta 1, 2 e 3 e solo allora parti, inizia a muovere la telecamera lentamente, ma sempre o solo in senso orizzontale o solo verticale. Mai su e giù, poi a destra e a sinistra nello stesso REC. E quando c’è qualcosa in movimento ricorda che puoi stare ferma, con la telecamera, è l’immagine che si muove”. Ancora oggi, ogni giorno, quando faccio un filmato con la ex telecamerina, che oggi è diventata il telefonino, ricordo gli insegnamenti del mio caro collega cameraman Enrico Cominoli.

Lo ha ricordato il nostro editore Maurizio Rossi, durante la festa per la presentazione dei 40 di Primocanale. È mancato qualche anno fa, e per me è tra quelle persone che ogni tanto, abbastanza spesso, mi tornano in mente nella quotidianità: semplicemente, guardo il cielo e lo saluto senza parole.

Enrico era un uomo “regolare” come lo definiva il mio altro collega, Francesco, che regolare non lo è per niente, come me! Enrico invece era una persona brava, di cui ti potevi fidare. Come un papà per chi, come me, anche da adulta, lo vede come un mito.

Enrico lo scorgo ancora arrampicato su una scala in uno studio televisivo, con il dito indice appoggiato sulla guancia, in senso dubitativo, perché rifletteva tanto, prima di far le cose, le studiava a fondo. Preparava scenografie e luci meravigliose. Ma io lo ho avuto anche come cameraman diverse volte, se non ricordo male (perché il mio cervello ricorda poco, mio marito dice che dovrei mangiare più pesce ma credo che sia un difetto di fabbricazione, il mio) anche in una trasferta in Russia, per la tv, dove tutti i giornalisti liguri scivolavano per terra perché non erano abituati al ghiaccio ovunque sui marciapiedi.

L’ultima volta che abbiamo lavorato insieme mi pare sia stato in occasione dell’arrivo della Costa Concordia a Genova, ero incinta da neppure tre mesi: ci vedo nella curva dal castelletto di Pegli, ad aspettare un ennesimo collegamento dopo aver seguito le operazioni da una barca dedicata alla stampa. Poi lo ho sentito al telefono, un’ultima volta. Voce debole ma pensieri intensi, sono sicura.

Quando ero da poco arrivata a lavorare a Primocanale siamo andati a sciare insieme qualche volta, forse due o tre. Lui mi insegnava. Le poche immagini che mi sono rimaste impresse sono pochissime. Anzi una: siamo non so dove, c’è tanta nebbia, non si vede nulla, prendiamo una seggiovia e in cima la sorpresa, il cielo si apre, le nuvole ora sono sotto di noi e c’è il sole e il cielo azzurro, come quando sei in aereo. Ci sediamo senza parole a guardare il panorama, per tanto tempo: gli sci li rimettiamo solo per andare via. Ecco, quando ti penso, Enrico, ti vedo in un Paradiso che assomiglia a quel posto, quel giorno. Gli occhi stracolmi di stupore e felicità.