
L'assenza per la prima volta da tempo immemore di un genovese o un ligure tra i cardinali che siederanno nel Conclave è stata erroneamente vissuta come una diminuzione, una ferita nella storia non solo ecclesiastica di Genova.
Non è così e non solo perchè la stessa “diminutio” è applicata a Diocesi ancora più importanti di quella genovese, come Milano, come Torino, come Venezia, dove il Patriarca è, tra l'altro, anche un genovese, Francesco Moraglia, già predestinato al Sacro Collegio al momento della sua nomina e poi rimasto senza le insegne porpora.
La politica di Francesco, papa rivoluzionario anche in questo, è stata quella di nominare cardinali scegliendoli in tutti gli angoli del mondo e non tenendo più conto di una tradizione secolare e di una visione euro se non romano centrica degli eletti nel ruolo di principi della Chiesa.
Sono così stati scelti per rappresentare il proprio popolo di fedeli cardinali lontanissimi dall'epicentro del Vaticano, ma vicinissimi a comunità “nuove” alla fede cattolica, geograficamente sperdute anche in territori mai toccati da ruoli così apicali della Chiesa.
E' stato perfino nominato un cardinale all'Isola di Capoverde. Francesco ha nominato nel suo pontificato quasi duecento porporati e bisogna riconoscere che il suo criterio di scelta non è stato quello di indicare solo i “suoi”, quelli più vicini alle sue idee e alla sua rivoluzione, ma piuttosto quello di riconoscere alle periferie più lontane un ruolo sconosciuto.
Questa visione, che ha fatto storcere la bocca a molti, che ha deluso probabilmente anche molte aspettative (non di quelli che avevano capito il disegno francescano) è l'esatta traduzione della scelta di quanto papa Bergoglio ha capovolto, sostituendo a un concetto gerarchico quello di una apertura agli ultimi, ai diseredati, agli emarginati, ai dimenticati.
Perchè papa Francesco è apparso così rivoluzionario, come l'ondata emotiva della sua morte testimonia, anche al di là dell'ipocrisia che si manifesta oggi nel riconoscergli tanta popolarità?
Per il suo cambio di passo, per la precedenza che sembra avere dato a un'opera di ascolto di tutto il mondo, per una apertura della Chiesa ai confini non solo geografici dell'umanità del terzo millennio. Perfino si può sostenere che questo papa, di cui oggi si celebrano funerali mai visti per la partecipazione, abbia messo davanti questi obiettivi alla difesa dei dogmi della Chiesa, alla sua sacralità, alle sue liturgie,
Certamente tutto questo ha comportato anche errori, sottovalutazioni e obiettivi non raggiunti. Come il finale non certo esaltante del Sinodo, come le discussioni non concluse con la Chiesa tedesca, che voleva il matrimonio dei preti e ruoli femminili più incisivi, minacciando perfino uno scisma da Roma. Come il mezzo passo indietro dopo la decisione della benedizione delle coppie gay.
La reazione a questa politica di cercare un ascolto più universale, di fare della teologia non un dibattito intellettuale, alto e raffinato, ma piuttosto l'apertura di ferite dolorose, cogliendo il grido di dolore dell'umanità, ancheil grido della terra malata, con le sue epocali Encicliche, ha terremotato molto l'interno della Chiesa, mobilitando i conservatori, i tradizionalisti, che si sentono traditi dalla massima autorità della Chiesa , dal successore di Pietro. Tutto questo animerà il Conclave dei prossimi giorni, ma non sappiamo in quale misura.
Ma tutto questo anche fa capire che in un visione così ampia e rivoluzionaria la classifica delle diocesi che mantengono o perdono il cardinale appare un dettaglio minore.
IL COMMENTO
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