Cronaca

2 minuti e 37 secondi di lettura
di Stefano Rissetto

Possibile svolta nell'omicidio di Nada Cella, la giovane segretaria massacrata nel 1996 nello studio del commercialista dove lavorava a Chiavari, in via Marsala.

Gli investigatori hanno trovato tracce di sangue sotto la sella del motorino usato 25 anni fa da Annalucia Cecere, l'ex insegnante di 53 anni, indagata per il delitto. Lo scooter era stato sequestrato nei giorni scorsi nel garage della donna a Boves, nel Cuneese, dove vive.

La Cecere era già stata sospettata nell'immediatezza dei fatti, ma era uscita rapidamente di scena ed è stata nuovamente chiamata in causa per effetto degli accertamenti privati svolti volontariamente da una studiosa pugliese, la criminologa Antonella Pesce Delfino, che era entrata in contatto con Silvana Smaniotto, l'anziana madre della Cella. In coordinamento con l'avvocato Sabrina Franzone, la criminologa ha fornito al procuratore Francesco Pinto e al pm Gabriella Dotto gli elementi per riaprire il caso. Fino al rinvenimento delle tracce di sangue sotto il sellino dello scooter.

 

Le tracce di sangue dovranno però ora essere sottoposte a nuovi accertamenti per capire a chi appartengano ed è chiaro che se quei reperti portassero alla vittima del delitto di via Marsala le indagini prenderebbero una piega precisa, altrettanto chiara di quella che verrebbe imboccata nel caso quel sangue fosse della stessa Cecere o di persone diverse da quelle del fatto per cui si indaga. Per questo motivo nei prossimi giorni gli investigatori della scientifica dovranno eseguire alcune analisi irripetibili per estrarre il Dna e sottoporlo alle comparazioni del caso.

La mattina del delitto, l'indagata che all'epoca aveva 28 anni sarebbe stata vista nei pressi del palazzo di via Marsala, dove la vittima lavorava nello studio Soracco, salire sporca di sangue sul suo ciclomotore.

La prima testimonianza era quella di una mendicante, nel frattempo deceduta. La seconda è contenuta in una intercettazione telefonica, in una chiamata anonima dell'estate 1996 alla madre di Soracco, Marisa Bacchioni, incapace di indicare agli inquirenti l'identità della persona che le aveva telefonato. "Venivo giù in macchina da Carasco, l'ho vista che era sporca e ha infilato tutto nel motorino io l'ho salutata e non mi ha guardato. E infatti, dico la verità, 15 giorni fa, l'ho incontrata nel caruggio che andava alla posta non mi ha nemmeno guardato. E' scivolata di là...".

La Pesce Delfino, riesaminando gli atti dell'inchiesta, aveva notato alcuni dettagli: nella casa della Cecere erano stati trovati alcuni bottoni uguali a uno rinvenuto sotto il corpo della Cella. Poi, le intercettazioni: i messaggi vocali whatsapp con cui la Cecere cercava mesi fa di indurre la criminologa a recedere dall'attività investigativa in corso, una telefonata della stessa Cecere a Soracco in cui la donna diceva di non riuscire "a togliersi di mente quella scena"Soracco e sua madre sono indagati per false dichiarazioni al pm per avere mentito sui reali rapporti tra il professionista e l'ex insegnante.

Secondo gli inquirenti, la Cecere avrebbe ucciso la Cella in quanto duplice ostacolo rispetto a Soracco, sia in prospettiva lavorativa che personale. Una prospettiva di recente confermata da una testimone, nel quadro di una nuova attività investigativa che ha portato gli inquirenti ad ascoltare anche alcuni sacerdoti di Chiavari, che potrebbero aver appreso elementi utili nel quadro di colloqui personali o addirittura in confessionale.