Cronaca

L'agente penitenziario alla commemorazione rimarca: "Quelle donne non si sono rifugiate nella cantine ma vi sono state trascinate dall'acqua e dal fango"
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di Michele Varì

GENOVA -"Dopo undici anni la ferita è sempre aperta, mi sono rialzato anche grazie ai colleghi della polizia penitenziaria, che si sono dimostrati una seconda famiglia...".


A parlare è Bennardo Sanfilippo, marito di Angela Chiaramonte, l'infermiera morta nella cantina di via Fereggiano dove la piena il 4 novembre del 2011 ha schiantato cinque delle sei vittima dell'esondazione.

L'uomo alla commemorazione della tragedia tiene a precisare che "né mia moglie né le altre donne uccise dal fango e dall'acqua si erano rifugiate nel palazzo ma sono state tutte trascinate lì dalla seconda ondata del Fereggiano". Una precisazione che sottolinea anche come dopo la prima ondata nessuno ha bloccato le persone avvertendo del rischio.

Bennardo ammette che il dolore per la perdita della moglie è intatto e farlo rialzare sono stati i colleghi della polizia penitenziaria: "Non a caso il mio figlio più piccolo quando ha vinto il concorso ha lasciato un posto in Ferrovia per fare l'agente penitenziario".

 

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