GENOVA - "Quando ho scoperto che le autostrade volevano incolpare me per il crollo del ponte è stata dura, quelli sono potenti...".
A parlare è Giancarlo Lorenzetto, 59 anni, abitante con la moglie in un paesino nel tortonese, in provincia di Alessandria, uno dei sopravvissuti della tragedia di Ponte Morandi, ma anche il camionista che trasportava il rotolo di acciaio che per Autostrade per l'Italia sarebbe caduto sul ponte provocando il crollo: una notizia non vera e poi smontata dall'inchiesta e dalle telecamere e che solo ora Lorenzetto, intercettato all'uscita del tribunale dove è stato interrogato al processo, riesce a commentare con pacatezza.
"Quel rotolo era stato posizionato nell'apposito buco che c'è nel pianale dagli operai delle Acciaierie e poi io l'avevo assicurato con i cricchetti e le cinghie e le catene. Non poteva cadere, ora...".
L'uomo aggiunge "ora" perchè in passato, come gli è stato rinfacciato da uno degli avvocati degli imputati per metterlo in difficoltà, un rotolo di quelle dimensioni invece lo aveva perso per strada: "Ma è accaduto trent'anni fa quando le normative erano molto meno stringenti, e comunque mi ero subito accorto della caduta avvertendo un sobbalzo nella cabina".
Il 14 agosto del 2018 invece non ha sentito nessun sobbalzo: "No, ero entrato in autostrada all'Aeroporto per andare verso la A7, ho visto la coda, andavo piano, pioveva forte, stavo regolando i finestrini. A un certo punto vedo spaccare l'asfalto davanti a me e sento un risucchio, e precipito... ".
"Forse il coil di 30 tonnellate ha contribuito a salvarmi la vita perchè potrebbe aver trascinato il pianale a terra prima della cabina, di fatto attutendo la mia caduta - prosegue l'autotrasportatore -. Non ho avuto neanche il tempo di frenare e sono finito giù, ho creduto di morire, sono svenuto, poi mi sono ritrovato come bloccato nella cabina, ma stavo bene, quando i pompieri mi hanno detto che rompevano il vetro per tirarmi fuori gli ho detto di no, visto che i finestrini erano ancora intatti, io sapevo che c'era un fiume e avevo paura di uscire dalla cabina, poi sono arrivati i medici e le ambulanze, ma io non mi sono fatto niente, è andata bene così, poi visto che i medici erano impegnati, ho preso un bus e sono andato verso Bolzaneto".
Ma come ha preso il bus?
"Sì era un momento di grande confusione, pioveva, i medici erano impegnati con feriti gravi, poi è arrivato il mio datore di lavoro che poi mi ha caricato sulla sua auto e portato all'ospedale di Novi Ligure. Lì appena hanno appreso cosa mi era successo hanno bloccato il pronto soccorso e si sono presi cura di me. Dopo le visite e gli esami ho avuto la conferma che non mi ero fatto niente,è stato davvero un miracolo, mi sarei fatto più male inciampando per strada, dal punto di vista psicologico invece sono stato curato per quasi un anno".
Lorenzetto ammette che da credente dopo questo miracolo è andato ad accendere un cero alla Madonna della Guardia e racconta un'ultima curiosità legato al momento che ha raccontato di quanto gli era accaduto alla moglie:
"Lei era molto preoccupata perchè sapeva che passavo sempre da quel ponte, che noi abbiamo sempre chiamato il ponte di Brooklyn, e mi ha telefonato per sincerarsi che stessi bene, io gli ho risposto dalla cabina del camion, lei non credeva al mio racconto e così ho fatto un selfie e gliel'ho inviato...".
IL COMMENTO
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