Cronaca

Il Gip sottolinea anche come i due abbiano collaborato "spartendosi in modo quasi scientifico i compiti" nell'omicidio
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di Au. B.

GENOVA - Tito e Bob, i due parrucchieri egiziani accusati dell'omicidio del giovane connazionale Mahmoud Abdalla, loro dipendente, dopo aver ucciso il 19enne e averne smembrato il corpo sono andati a svagarsi. Lo scrive il Gip del tribunale di Genova nell'ordinanza di custodia cautelare.

"Sono usciti nella notte per motivi di svago, elemento che smentisce in modo certo che uno dei due avesse agito sotto minaccia o in preda al panico" e poco dopo l'omicidio hanno avuto "un atteggiamento leggero e privo di pensieri".

Il Gip sottolinea anche come i due abbiano collaborato "spartendosi in modo quasi scientifico i compiti" nell'omicidio.

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Nell'ordinanza si parla di Bob, Abdelwahab Ahmed Gamal Kamel, fratello di Aly, proprietario del negozio dove lavorava Abdalla, che avrebbe fatto intendere di non essere stato la mente dell'omicidio durante gli interrogatori con gli investigatori. "È arrivato in Italia da clandestino, qui ha ritrovato il fratello ed è stato coinvolto in una cosa terribile. Non fa che piangere, è totalmente sconvolto. Ma la sua posizione è chiara: è finito dentro una cosa che davvero non si aspettava. È stato minacciato e ha avuto paura per la sua famiglia". Ha detto l'avvocato che assiste Bob, Salvatore Calandra, subito dopo la visita in carcere in vista dell'interrogatorio.

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L'omicidio è avvenuto in un appartamento di via Vado in cui Abdalla abitava insieme a Tito. Lì, dopo l'ennesima lite, Tito e Bob hanno accoltellato a morte il ragazzo, il "traditore", poi hanno escogitato uno strampalato quanto macabro piano per disfarsi del cadavere.

Prima lo hanno messo in una valigia che i due egiziani hanno portato, nel bagagliaio di un taxi, da Sestri Ponente a Chiavari. A quel punto avrebbero raggiunto la spiaggia e gli avrebbero staccato testa e mani. Il corpo lo avrebbero buttato in mare, le mani, una delle quali trovata ore prima ancora del ritrovamento del torso, tra la sabbia della spiaggia.

"Due soggetti dall'indole irosa e vendicativa, propensi all'uso della violenza gratuita, a cui ricorrono per risolvere le controversie personali. L'indole violenta è comprovata anche dallo scempio del cadavere, mutilato a mo' di ulteriore sfregio e monito", si legge ancora nell'ordinanza.

Dalle indagini emerge anche l'ombra del racket: "L'intera vicenda infatti adombra la volontà dei due di imporre sui ragazzini appena usciti di comunità e assunti nelle loro barberie, il proprio controllo così da dimostrare a tutti l'impossibilità di discostarsi dai loro voleri - scrive il Gip - Entrambi sono poi, soggetti callidi, dotati di una non comune capacità organizzativa poiché nel giro di qualche ora, con estrema freddezza sono riusciti a trasportare il cadavere, ripulire la scena del crimine, nascondere gli effetti personali della vittima, trovare un mezzo di trasporto e decidere come e dove disfarsi di tutto". Il fatto che nessuno degli altri ragazzi che abitava nell'appartamento di Via Vado si sia accorto di eventuali tracce di sangue viene definito "singolare" dal giudice che ipotizza "che gli stessi ragazzi possano essere stati sottoposti a pressione".

 

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