GENOVA - I due agenti della centrale operativa della questura di Genova "si ricordavano dell'incendio della porta della casa della nonna la sera prima" ma nessuno dei due quando il primo maggio ha sentito la chiamata del papà di Alice Scagni (la giovane mamma uccisa dal fratello Alberto) che diceva che il figlio li stava minacciando ha collegato l'episodio o "ha fatto una ricerca nella softconsolle".
E però, la softconsolle venne invece "aperta e consultata oltre 20 volte dopo l'omicidio". Sono alcuni dei passaggi chiave dell'opposizione all'archiviazione dell'inchiesta sulle presunte omissioni da parte della polizia e della dottoressa della Salute mentale, presentata dall'avvocato della famiglia Scagni, Fabio Anselmo.
Il legale chiede di approfondire tutti gli aspetti che secondo lui la procura non avrebbe considerato nel corso dell'inchiesta bis nata dopo le denunce dei genitori dei due ragazzi. Le istruzioni operative, si legge nell'opposizione, "da anni raccomandano, anche, in caso di lite o interventi su fasce deboli di consultare lo storico della softconsolle per verifica di precedenti interventi presso l'indirizzo segnalato, medesima utenza telefonica o relativi al soggetto".
Dal 19 aprile, sottolinea il legale, sono state fatte numerose telefonate da parte dei vicini e della nonna. Lo "storico" della softconsolle è immediatamente accessibile. "Assolutamente non corrispondente al vero - scrive Anselmo - che solo la presente indagine dopo il 10 maggio 2022 ha consentito di far emergere le due richieste giunte alla Sala Operativa della Polizia di Stato, il 22 e il 30 aprile, da Albera Lodovica (la nonna dei ragazzi).
Alberto era già arrestato in Questura e Alice non era ancora stata dichiarata morta che, alle 21,35, i colleghi vista l'emergenza che si stava creando per i loro colleghi (riempiti di invettive da parte della Zarri, disperata) hanno preso forsennatamente, ma con evidente estrema fruibilità e velocità, a consultare proprio le schede di intervento relative agli episodi del 22 e del 30 aprile. Dopo la chiusura dell'intervento del 30 aprile questo è stato (facilissimamente!) riaperto per consultazione già alle 21.35 del 1° maggio dal collega che in quel momento stava lavorando in Cot.
È stato riaperto quattro volte quella sera e 20 volte in tutto nei giorni e periodi successivi: mai aperto però nel pomeriggio dopo la telefonata di Graziano Scagni". Dopo la denuncia il pm aveva indagato due agenti e la dottoressa della Asl3 ma a luglio aveva chiesto l'archiviazione perché mancavano le denunce esplicite dei genitori e perché operatori e medico avevano seguito le procedure corrette. È in corso e alle battute finali il processo in Corte d'assise per l'omicidio. Adesso toccherà al giudice fissare una udienza e decidere se archiviare o chiedere approfondimenti investigativi.
IL COMMENTO
"Breathe": la politica ha il dovere di ricordare i giorni del Covid
Il docufilm sul Covid, una lezione per la giunta che deve rifare la sanità