GENOVA -Per effettuare le radiografie sul ponte Morandi sarebbe stato necessario evacuare le abitazioni in un raggio di 400/500 metri, come quando è stato abbattuto il moncone del ponte dopo il crollo, e per provare a farle bisogna bloccare il traffico e sistemare sugli stralli giganteschi pezzi di un macchinario pesantissimo. Non solo: le radiografie non sarebbero riusciti a penetrare sino ai cavi di acciaio dentro un metro di cemento pressurizzato e per effettuare una sola radiografia sarebbe occorso sino a un'ora di tempo
Con queste parole al processo Morandi il super esperto Robert Guinez arrivato dalla Francia ha smentito in aula che le pile di ponte Morandi potessero essere controllate con speciali radiografie, seppure di tipo industriale, tipo di quelle usate per il corpo umano.
Guinez, nato in Brasile ma sin da bambino residente in Francia, negli anni Ottanta era stato tra i fondatori del ‘progetto Scorpion’, un sistema nato in Francia per verificare lo stato di ponti e viadotti.
Il tecnico è stato convocato a Genova come teste dall'imputato Maurizio Ceneri, responsabile dell’ufficio collaudi e controlli di Spea, presente in aula al fianco del suo avvocato Stefania Mannino.
Nel 1988 la sua società stipulò – ha raccontato Guinez in aula – un contratto con Autostrade per verificare lo stato dei nostri viadotti: “Ci mandarono un elenco di 30-40 ponti, ma di quelli ne tenemmo solo una dozzina perché gli altri erano troppo bassi o troppo vicini alle abitazioni”. Uno dei problemi è la diffusione delle radiazioni e il rischio di contaminazione per l’ambiente circostante e delle persone. Per questo molti di quei ponti non furono mai essere controllati".
La deposizione di Guinez nelle intenzioni della difesa avrebbe sgomberato il campo dall'ipotesi emersa anche in aula per cui il crollo si poteva evitare effettuando delle radiografie alla pila 9 a causa del disastro.
Lo stesso ingegner Riccardo Morandi subito dopo l'apertura del viadotto nel 1967 aveva consigliato di controllare il ponte con le radiografie, Guinez, ha però smentito che in quegli anni esistessero macchinari in grado di effettuare quel tipo di esami: “Morandi era stato molto ottimista – ha spiegato l’ingegnere francese – perché in quegli anni l’unico sistema che si stava sperimentando era un acceleratore circolare sovietico che poteva radiografare al massimo un metro di cemento in 11 ore ma era sovietico e appena si verificava un guasto occorreva attendere 6 mesi 1 anno per il pezzo di ricambi. Quindi la sperimentazione, cominciata intorno al 1978 si concluse nel 1972”.
Fabio Panariello, avvocato di alcune parti civili, che ha partecipato all'esame ha poi ammesso: "L'esperto francese ha dipanato tanti dubbi emersi nei mesi scorsi durante il dibattimento sul fatto che le radiografie potessero essere utilizzate per monitorare il viadotto, lo specialista francese ha parlato anche dei problemi di lettura dei dati e delle esposizioni alle radiazioni, dunque l'ipotesi del professor Morandi rimane un'ipotesi di scuola non confermata".
Con il tecnico francese fra revoche e problemi di altro tipo si sono esauriti i testi della difesa fissati per questa settimana, per questo l'udienza di domani non ci sarà e il processo riprenderà lunedì con testi dell'imputato principale, l'ex amministratore delegato di Autostrade Giovanni Castellucci.
IL COMMENTO
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