GENOVA - "È stato solo Tito ad uccidere Mahmoud Abdalla, io ho cercato di difenderlo e per mezz'ora di dissuadere Tito a non farlo, ma lui ha proseguito, ha usato un coltello che nascondeva nei pantaloni e che avevamo comprato insieme in un negozio, ma io non sapevo delle sue intenzioni".
Lo ha detto in aula davanti alla corte di assise Mohamed Abdelghani detto "Bob" uno dei due barbieri egiziani arrestati perché accusati di avere ucciso nell'agosto del 2023 il giovane connazionale Abdalla che lavorava nella barberia di via Merano a Sestri Ponente.
Il delitto è avvenuto nell'abitazione poco lontano di via Vado, dove i tre vivevano. Bob ha confermato il movente della lite, divampata perché la vittima voleva andare a lavorare in un altro negozio e minacciava di denunciare alcune irregolarità dell'attività.
"Tito (Kamel Abdelawahab ndr) ha colpito Abdalla alla pancia per due volte, ferendosi a sua volta - ha ricostruito Bob, difeso dagli avvocati Salvatore Calandra ed Elisa Traverso - . Dopo la prima coltellate Abdalla si è difeso morsicando Tito ad una mano, poi è finito a terra, e Tito l'ha colpito ancora alla pancia e poi, dopo avere minacciato me, poi l'ha finito con due coltellate alla gola. Dopo l'omicidio Tito mi ha minacciato: se avessi parlato avrebbe pagato 50 mila euro per fare uccidere i miei familiari in Egitto".
Dopo Bob è stato ascoltato l'altro arrestato, Tito, Mohamed Alì Abdelghani Alì, difeso dall'avvocato Fabio Di Salvo: l'imputato ha accusato Bob delle minacce nei confronti di Mahmoud. "Non era contento che andasse via perchè gli aveva detto che voleva rivolgersi ai sindacati, ma Bob gli ha risposto che se l'avesse fatto lo avrebbe tolto dal mondo, lo avrebbe schiacciato".
Mahmoud, secondo quanto emerso durante le indagini, voleva denunciare le condizioni di lavoro a cui era sottoposto ai sindacati perchè assunto nella barberia di Chiavari per lavorare quattro ore al giorno ne lavorava molte di più, come ha confermato lo stesso Tito in aula e come emerso già durante il processo.
Tito racconta di essere tornato insieme a Bob nell'appartamento di via Vado, dopo che i due erano entrati in un negozio cinese ad acquistare un coltello e una mannaia, armi con cui Mahmoud è stato ucciso e il suo corpo straziato e gettato in mare.
Secondo Tito, all'interno della casa di Sestri sarebbe scoppiata una lite tra Bob e Mahmoud, che nel frattempo li aveva raggiunti. Il giovane soggiornava infatti in via Vado, dove era tornato per prendere le sue cose e chiedere a Bob l'ultima mensilità dello stipendio. Bob, secondo Tito, avrebbe minacciato Mahmoud, poi, dopo una sua reazione lo avrebbe colpito con un pugno al volto molto forte. Mahmoud, stordito, sarebbe andato in cucina dove avrebbe trovato coltello e mannaia. Preso il coltello si sarebbe diretto verso Bob per ucciderlo, Tito avrebbe cercato di toglierglielo dalle mani, ferendosi. Nella colluttazione Tito avrebbe involontariamente colpito con una coltellata Mahmoud alla pancia. Il giovane sarebbe così caduto a terra, mentre Tito sarebbe andato in bagno a medicarsi la ferita alla mano. "Quando sono tornato ho visto Mahmoud a terra e Bob prenderlo a calci e poi dargli diverse coltellate".
A decidere chi dei due ha ragione sarà la corte di assise: la sentenza potrebbe arrivare entro la fine anni, gli imputati si trovano in carceri diversi, Tito in Piemonte e Bob a La Spezia.
IL COMMENTO
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