![](/images/processocellawhatsappimage20250206at18.57.33p39069p94042.jpg)
Una telefonata del 31 maggio '96 tenuta nascosta dagli inquirenti sino ad oggi in cui Marco Soracco dice al suo legale di allora che la misteriosa donna di cui si parla sui giornali è "l'amica del corso di ballo". Il commercialista non svela il nome, ma fa capire che quella donna è Anna Lucia Cecere. È partito con un colpo di scena davanti alla corte di Assise presieduta dal giudice Massimo Cusatti, il processo per l'omicidio di Nada Cella, la segretaria di 24 anni uccisa nello studio del commercialista dove lavorava il 6 maggio del 1996.
La tesi dell'accusa
Alla sbarra la presunta assassina Cecere (che oggi non si è presentata) e due imputati che l'avrebbero favorita: Soracco, datore di lavoro della vittima, e sua madre la novantenne Marisa Bacchioni. I due, a detta del pubblico ministero Gabriella Dotto, avrebbero nascosto il reale rapporto che il commercialista aveva con Cecere.
L'intercettazione sarà acquisita?
Quella nuova telefonata intercettata dalla polizia fra Soracco e il suo legale secondo gli inquirenti farebbe capire che Soracco aveva subito capito che Cecere poteva essere implicata nel delitto: la corte si è riservata di acquisire l'intercettazione, delicata anche perché coinvolge un avvocato, Massimo Ansaldo.
L'eccezione di costituzionalità
Cusatti ha invece respinto l’eccezione di costituzionalità presentata dall'avvocato Andrea Vernazza del commercialista e della mamma che avrebbe potuto fare rinviare gli atti alla Corte Costituzionale e fare slittare il processo di almeno sei mesi.
La telefonata dell'anonima
L'avvocato Gianni Roffo, difensore di Cecere, ha anche chiesto di escludere tra le prove “la famosa telefonata dell’anonima signorina”, una chiamata registrata sulla segreteria telefonica della madre di Soracco in cui una donna mai identificata dice di aver visto la Cecere la mattina della tragedia davanti al palazzo di via Marsala sporca di sangue mentre si allontanava su un motorino. Il giudice ha ritenuto infondata la richiesta avvallando la tesi della pm Dotto che ha riferito che la telefonata è importante anche perché a riceverla è uno degli imputati, la mamma di Soracco, ribadendo poi che è consuetudine utilizzare le intercettazioni di persone anonime.
La testimonianza dell'ex dirigente della mobile
L'udienza si è conclusa con la deposizione del primo teste dell'accusa, l'ex dirigente della mobile di Genova Stefano Signoretti che nel 2021 grazie alle rivelazioni sui bottoni svelati dalla criminologa barese Antonella Delfino Pesce ha riaperto il cold case leggendo le carte dell'inchiesta per una ricerca slle vittime di giustizia. Il dirigente ha confermato che la polizia ha appreso solo quattro anni fa grazie alla criminologa che nel 1996 i carabinieri avevano sequestrato 5 bottoni in casa di Cecere uguali a quello sporco di sangue rinvenuto sotto il corpo di Nada. La conferma che il pm di allora, Filippo Gebbia, il grande assente del processo, non lo aveva mai comunicato ai titolari delle indagini.
Le parole della sorella di Nada
"Il processo è come questa scala, va affrontato un scalino alla volta", dice Daniela Cella, la sorella di Nada, uscendo dall'aula magna al termine della prima udienza del processo. "Io lo so come sono andate le cose, il problema è che sono state dette tante bugie da parte di chi invece doveva testimoniare il vero. Ci sono state tante persone buone, ne ho incontrate tante, ma ho visto anche il lato peggiore dell'essere umano, i tre imputati".
Gli altri protagonisti
Soracco, al momento indagato per favoreggiamento nei confronti di quella che per la Procura è l’assassina di Nada vale a dire Annalucia Cecere, rimasta a Boves, dove vive da molti anni ha dichiarato: "Sono 29 anni di congetture ma in questo tempo mi ha sempre dato forza la mia coscienza che è pulita. Non contesto il processo voglio soltanto che venga fatta giustizia". E il suo legale, l'avvocato Vernazza che difende anche la madre di Soracco, Marisa Bacchioni: "Saremo assolti non c'è niente nei confronti dei miei assistiti, ci sono solo chiacchiere". Per la Cecere ha parlato il suo legale Gianni Roffo: "E' innocente non c'è alcun teste oculare che possa dire che la Cecere fosse all'interno di quell'abitazione, mi sembra che già questo argomento sia dirimente".
Iscriviti ai canali di Primocanale su WhatsApp, Facebook e Telegram. Resta aggiornato sulle notizie da Genova e dalla Liguria anche sul profilo Instagram e sulla pagina Facebook
IL COMMENTO
AI Act e le Linee Guida UE: cosa cambia per le imprese e i cittadini?
Urgente intervento per scongiurare il caos nel sistema assistenziale