GENOVA - Una presentazione particolare quella per il Teatro dell'Arca nel Salone di Rappresentanza a Palazzo Tursi, dato che dopo 19 anni insieme a Sandro Baldacci, regista e direttore artistico, questa volta a raccontare la stagione c'erano soltanto Mirella Cannata e Carlo Imparato. La sedia vuota in prima fila, come se potesse riempirsi da un momento all'altro con il suo sorriso, il suo sarcasmo e il suo amore per il teatro e per questo progetto, a cui ha dedicato tutta la sua vita, fino all'ultimo. Sandro Baldacci, scomparso lo scorso novembre, è stato ricordato da tutti con un video che ha ricordato i suoi tanti anni in prova assieme ad attori professionisti e detenuti della casa circondariale di Marassi. Adesso tutto il cartellone proseguirà come lo aveva progettato, come sempre ricco di spunti per la città.
Addio a Sandro Baldacci, portò il teatro dentro il carcere di Marassi - IL CORDOGLIO
A ricordarlo sono stati tutti coloro che lo hanno conosciuto, lavorando fianco a fianco in questi anni, come la stessa Mirella Cannata, presidente dell'associazione Teatro Necessario.
"Il nostro pensiero è rivolto a Sandro Baldacci, fondatore dell'associazione, che è l'anima di questo progetto e quindi vogliamo dedicare a lui questa giornata: gli spettacoli in programma sono quelli che aveva scelto lui, quindi resta il nostro direttore artistico"
Dal 2016, quando è stato costruito dagli stessi detenuti, il Teatro dell'Arca all'interno del carcere ospita scuole e il pubblico che da sei anni assiste anche alla rassegna di teatro civile "Voci dall'Arca". E al tempo stesso offre ai detenuti sia una serie di spettacoli sia la possibilità di diventare attori e debuttare ogni anno in scena su uno dei principali palcoscenici della città, al Teatro Ivo Chiesa.
I prossimi appuntamenti spaziano dalla musica, in un viaggio tra le culture, al monologo tratto da Italo Cavino con in scena Mario Perrotta, dallo sfortunato racconto di "Non è la storia di un eroe" e la sua rinascita alla sferzante e attualissima comicità di "Surrealismo capitalista", dall'istinto rivoluzionario de "Breve apologia del caos" alla narrazione epica del leggendario incontro di boxe tra Muhammed Ali e George Foreman. Fino ad arrivare alle due produzioni realizzate dai detenuti di Marassi, illustrate dalla stessa direttrice della struttura, Tullia Ardito.
"Quest'anno abbiamo due testi di grande interesse, uno che è stato già messo in scena dai detenuti dell'altra sicurezza l'anno scorso, "7 minuti", questa volta affrontato dalla compagnia che si esibirà allo Stabile, un testo molto importante, perché parla di lavoro, di dignità, del lavoro, di dignità della persona e che per i detenuti potrà essere veramente un momento di grande riflessione anche in questo momento storico"
E questo allestimento andrà in scena il 7 maggio al Teatro Nazionale e dal 14 al 18 maggio al Teatro dell'Arca. A seguire, dal 27 al 31 maggio soltanto al Teatro dell'Arca si potrà invece vedere "La parola ai giurati". "Questo testo proviene invece da un film americano degli anni Cinquanta che è calato nell'ambito del processo penale e fa capire come si arriva a prendere la decisione di una sentenza, attraverso tutte le parti di un procedimento, seppur americano e quindi differente dal nostro".
L'attività di questa associazione che ogni anno mette insieme professionisti e detenuti, in un laboratorio che negli anni ha saputo offrire a tanti una seconda chance, anche una volta scontata la propria pena, dando formazione e insegnando un mestiere, è sostenuta dal Comune di Genova. "Sappiamo tutti che il carcere in Italia deve dare la possibilità alle persone di riscattarsi, di cambiare il proprio passato e di ritrovare una propria posizione all'interno della società. E questa credo che sia una delle maniere migliori: attraverso l'arte si passano messaggi importantissimi", commenta l'assessore alle pari opportunità Francesca Corso.
Negli anni diverse persone hanno trovato anche un lavoro dopo questa esperienza, grazie ai corsi di scenotecnica portati avanti in parallelo. E l'avvocato Stefano Sambugaro ricorda "un detenuto facente parte della compagnia teatrale che poco prima della prima è stato scarcerato. E anziché rinunciare alla messa in scena, è tornato apposta in carcere, non da detenuto, in segno di quello spirito di solidarietà che contraddistingue il lavoro della compagnia: questo fa comprendere la funzione del teatro in una casa circondariale".