Cultura e spettacolo

E' l'opera prima intensa e malinconica di una drammaturga canadese di origini coreane
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di Dario Vassallo

Come rapportarsi con le persone che non frequenti più da molti anni per le quali esisti solo nel ricordo ormai cristallizzato di chi eri e non sei più? E se oggi rientrasse nella tua vita qualcuno che conosceva solo quella versione ormai inesistente di te, chi sareste l’uno per l’altro? Ancora amici? Ex-amici? O semplicemente estranei che hanno in comune soltanto momenti perduti nel tempo? Nella sua prima incursione sul grande schermo, la drammaturga canadese di origini sudcoreane Celine Song con 'Past lives' ha dato un corpo cinematografico a questa raccolta di desideri sfuggenti derivanti dai "se" che affliggono le nostre vite.

Il film si incentra su due amici d'infanzia che si riconnettono dopo più di due decenni. Na Young e Hae Sung si frequentano e si piacciono mentre crescono nella Corea del Sud, un rapporto che si interrompe quando la famiglia di lei emigra a Toronto. Dodici anni dopo Na Young che ora si fa chiamare Nora, si è appena trasferita a New York sperando di avviare una carriera come drammaturga mentre lui è impegnato nel suo paese nel servizio militare. I due si ritrovano grazie a Facebook per poi comunicare guardandosi attraverso gli schermi dei rispettivi computer, a volte parlando a volte semplicemente sbattendo le palpebre, come se cercassero di tracciare i contorni degli anni perduti. Le circostanze però impediscono loro di riunirsi nella vita reale. Passano altri dodici anni e quando Hae Sung si presenta a New York trova una Nora che ora è sposata ed estranea alla giovane ragazza che era quando l'aveva conosciuto. Lei ama il marito e non ha intenzione di lasciarlo ma in qualche modo ama anche Hae Sung e ciò che lui simboleggia ed è riluttante a farlo scappare di nuovo. Uno è il presente, l'altro il passato ma nelle sue emozioni brillano entrambi. E qui mi fermo per non spoilerare nulla.

'Past lives' parla dello spostamento emotivo unico che accade alle persone che emigrano quando erano abbastanza grandi da aver forgiato ricordi della vita nella loro terra natale ma ancora abbastanza giovani da essere rimodellati da un nuovo ambiente. Man mano che gli anni passano e diventi qualcun altro da qualche altra parte, quell'esistenza precedente inizia a svanire in un angolo del tuo subconscio coperto dalle ragnatele della nostalgia. In tutto il film, la regista incorpora un termine coreano, "In-Yun", che suggerisce come le persone siano destinate a incontrarsi se le loro anime si sono sovrapposte un certo numero di volte in precedenza. È un concetto sulla connessione umana e, come suggerisce il titolo del film, sulle vite passate. Attraverso quest'idea, Nora e Hae Sung si lasciano interrogare sulla scelta e sul destino, sul caso e sulle circostanze.

Il film di Song, che attinge alla propria esperienza personale rendendolo dolcemente straziante, dolorosamente autobiografico e nello stesso tempo universale in maniera disarmante, parla anche dell'accettazione delle cose perdute che diventano parte determinante dell'età adulta. L'incertezza è una sorta di personaggio-ombra in questo film, che fluttua al suo interno come un fantasma. Immerso nella malinconia, racchiude un'ode ai rimpianti che ci perseguitano e all'inarrestabile vortice delle decisioni che prendiamo. Perché piccole o grandi che siano, costituiscono il percorso tortuoso della nostra vita e le ragioni per intraprendere determinati bivi spesso si perdono nel mare del tempo, riemergendo solo quando la nostra memoria lo consente. Il finale di 'Past Lives' affronta questa verità con lo sguardo più tenero che si possa immaginare dicendoci che tra la decisione giusta e quella sbagliata c'è la scelta con cui impariamo a convivere, immersa in un mare di gioia, tristezza e tutto il resto che comporta la nostra vita.