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Cultura e spettacolo

3 minuti e 45 secondi di lettura
di Dario Vassallo
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Il dolore è sempre una cosa complicata da gestire, a maggior ragione quando quello personale è costretto a confrontarsi e conciliarsi con qualcosa di più profondo e monumentale come un trauma storico o addirittura un genocidio. ‘A real pain’ di Jesse Eisenberg, il protagonista di ‘The social network’, qui al suo secondo film da regista, affronta proprio -tra commedia e dramma - l'eredità di un dolore, della perdita e della sofferenza.

Due cugini viaggiano alla scoperta delle loro radici

Lo fa attraverso la storia di due cugini che viaggiano in un luogo in cui una pena indicibile è stata inflitta all'umanità mentre combattono i loro demoni personali. David, interpretato dallo stesso Eisenberg, e Benji (Kieran Culkin, Oscar come miglior attore non protagonista) sono parenti ma potrebbero provenire da pianeti diversi. Il primo è rigido, compulsivo, legato alle regole ma ha un rancore latente che tiene stretto dentro di sé. Il secondo è uno spirito libero tormentato, a volte carismatico, affascinante e socialmente inappropriato, amorevole ma esasperante: il tipo di persona che riesce a fare subito amicizia con gli sconosciuti, per poi alienarsi le loro simpatie pochi minuti dopo.

Da Lublino al campo di concentramento di Majdanek

I due hanno prenotato un viaggio in Polonia per scoprire come l'Olocausto abbia avuto un impatto sulle proprie vite attraverso una visita alla città natale della nonna. Sopravvissuta alla tragedia, è morta di recente, lasciando Benji, alla quale era molto legato, in uno di quei capitoli emotivamente alla deriva che talvolta affrontiamo tutti. I cugini, un tempo uniti anche se poi hanno preso strade diverse, si uniscono a un gruppo di turisti, visitano la città di Lublino e poi il campo di concentramento di Majdanek. Gli ultimi due giorni si staccano dal gruppo per andare a visitare la casa dove la nonna aveva vissuto prima di lasciare la Polonia. Lungo questo percorso si collegano, si disconnettono e riconnettono l'uno con l'altro perché la loro è una storia che risale a ben prima dell'inizio del film e continuerà molto dopo la sua fine.

Kieran Culkin con l'Oscar vinto come miglior attore non protagonista

Un'opera empatica che intreccia dramma a commedia

‘A real pain’ è un'opera intimamente empatica che parla dei limiti della comprensione reciproca del dolore ma anche di come ciò non dovrebbe impedirci di provare compassione e cercare di capirci a vicenda anche se magari ci rendiamo conto che non riusciremo mai a farlo del tutto. Eisenberg ha il dono di intrecciare serietà ad una commedia. Quello che avrebbe potuto essere uno stucchevole film sull’amicizia, con l’estroverso e il credente Benji e l’introverso/non credente David è qualcosa di diverso: il "vero dolore" del titolo è quello di due cugini che si preoccupano l'uno dell'altro e vorrebbero approfondire la loro relazione ma non possono. Perché per loro qualcosa di pur enorme come l'Olocausto è sia troppo, sia non abbastanza. Eppure essere un testimone, un alleato o semplicemente una spalla su cui piangere sono le cose che ci collegano e ci rendono umani anche se ognuno ha un diverso linguaggio emotivo costruito su anni di esperienza che non esprimiamo mai completamente.

Indaga il modo in cui il passato parla al presente 

In ‘The real pain’ non c'è nessuna grande epifania, nessuna catarsi cinematografica che concluda e risolva in modo netto il trauma. È uno studio sul dolore generazionale che persiste nel DNA delle famiglie e viene tramandato come un'eredità di cui a nessuno importa, il modo in cui il passato parla al presente indagando sul senso di colpa moderno e sulla delicatezza dei legami familiari. E c’è un’inedita leggerezza di tocco in una sceneggiatura che sposa la confusione e la malinconia dei suoi protagonisti all'allegria, senza ridurre nessuno dei due cugini a una caricatura. Questo rafforza l'impatto della sua conclusione, quando il peso di una realtà terribile atterra su tutti con un effetto tale che non c'è risposta se non silenzio, lacrime e sguardi vuoti.

Importante è ascoltare e accettare di essere aiutati 

Ma la storia non riguarda solo il trauma di una famiglia, riguarda tutti noi. Come onoriamo il passato mentre viviamo nel presente? Come gestiamo relazioni appesantite dal dolore condiviso e dal bagaglio personale? In un'epoca di crescente tasso di depressione e grave disconnessione, sia fisica che emotiva, la lotta di David e Benji per vedersi e sostenersi a vicenda colpisce nel segno. Così il loro viaggio è un promemoria dell'importanza di ascoltare, accettare di essere aiutati e trovare umorismo e gentilezza anche nei momenti più bui.

 

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