Tre Biennali di Venezia (1978, 1980 e 2017) e oltre 200 mostre personali in musei e istituzioni di tutto il mondo. Con oltre cinquant'anni di pittura Giorgio Griffa, ottantanove anni il prossimo 29 marzo, ha scritto la storia dell’arte italiana. A lui Palazzo Ducale spalanca le porte dell'Appartamento del Doge che ospita 'Dipingere l'invisibile', un'esposizione curata da Ilaria Bonacossa e Sébastien Delot aperta da domani a domenica 13 luglio: un artista che ha parlato attraverso una pittura poetica, astratta e performativa, con il gesto e il segno che trasportano il visitatore in un’esperienza sospesa fuori dal tempo dove la storia dell’arte incontra la spiritualità zen.
Palazzo Ducale apre al Contemporaneo
“Con questa mostra – sottolinea il presidente di Palazzo Ducale Beppe Costa – abbiamo deciso di suonare uno spartito inedito puntando sull’arte contemporanea e conferendole centralità nella nostra programmazione culturale. Una novità fino a un certo punto, però: tra le mostre cui ha dato il suo contributo Griffa ci sono anche quelle organizzate da Ida Giannelli, negli anni Settanta-Ottanta, proprio a Genova alla SamanGallery. Genova, infatti, è stata una città importante dal punto di vista del dibattito sul Contemporaneo e questa mostra, quindi, rinverdisce un solco ben presente nella storia della città”.

Il percorso espositivo
Il percorso della mostra si sviluppa attraverso un itinerario artistico pieno di suggestioni e di spunti. La pittura di Griffa muove dalla convinzione che tutte le forme di arte – e tra queste la pittura – siano in grado di sondare il mistero e, dunque, si rapportino con l’invisibile e l’ignoto. Le modalità di questo rapporto si manifestano attraverso una forma di “memoria” della pittura. È il motivo per il quale l'artista è stato spinto a lavorare per cicli - Segni primari, Segno e campo, Alter ego, Frammenti, Trasparenze, Numerazioni, Tre linee con arabesco, Canone aureo, Shaman, Dilemma, Océanie, Disordine – che ritroviamo riassunti in undici sale a partire dalla prima – “Segno colore” – dove la forma all’invisibile viene conferita proprio da colori e segni che fluttuano in una tela in larga parte vuota e “liberata” dalla struttura-quadro per concludersi con “Poesia” e “Océanie” dove omaggia Eugenio Montale e reinventa a partire dai suoi propri segni, colori composizioni un immaginario che affonda le radici nell'opera di Matisse, artista che ha sempre ammirato.
Le parole dei curatori
“Il lavoro di Griffa – spiega Ilaria Bonacossa – ha la forza silenziosa dell’acqua nella sua capacità trasformativa che mette in scena una poetica e ipnotica sospensione temporale. In questa “trasformazione” un ruolo centrale è giocato anche da un altro elemento: la luce. E la luce è uno dei temi conduttori di questa mostra. A questo proposito abbiamo accolto con entusiasmo il suggerimento che lo stesso Griffa ci ha dato nell’allestimento: sarà bello infatti rivedere il Palazzo leggermente “cambiato”, con l’apertura alla luce naturale degli ambienti dell’Appartamento del Doge”. “Con Griffa – le fa eco il co-curatore Sébastien Delot – la pittura diventa il luogo degli spazi della memoria. Come un musicista, questo pittore torinese propone sottili variazioni intorno allo spazio, al colore e alla linea. Deve costantemente dimenticare tutto per avvicinarsi il più possibile all’origine”.
L'intervista a Griffa
Che immagini del suo lavoro viene fuori da questa mostra?
“Non saprei proprio. Forse l'immagine di un pittore che scommette che la pittura sia ancora capace di raccontare il nostro mondo, la nostra contemporaneità. La pittura racconta sempre la cultura del suo tempo. Noi viviamo in un momento in cui la pittura, che è un fenomeno statico, si trova a raccontare un mondo che è tutto dinamico e quindi ci troviamo in un momento in cui la pittura veramente deve impegnarsi. Non so se vinceremo la scommessa, questo non lo possiamo sapere. Lo scopriremo certamente in futuro”.
Il modo di dipingere, la voglia di dipingere, adesso che ha 88 anni è la stessa di quando ha cominciato?
“No, perché allora era l'inizio di un percorso di conoscenza, oggi è un pò tirare i remi in barca con la necessità di andare avanti finché mi sarà consentito”.
Una sala è dedicata a Eugenio Montale. Che rapporto ha con la poesia e con la musica?
“Nella mia pittura c'è un rapporto fondamentale. Uno dei punti di base è il ritmo, il ritmo è il ritmo delle conoscenze, delle semine e dei raccolti ma è anche il ritmo delle prime percussioni, il ritmo della musica e il ritmo dei silenzi che fanno diventare dinamica la musica, è il ritmo della poesia. È sempre e comunque questo entrare dentro a noi stessi, aprire la porta e poi, appunto, lasciare che accada quel che deve accadere, trovare quel poco più di conoscenza di noi stessi che è possibile trovare. Forse”.
Cosa si sentirebbe di consigliare a chi viene a vedere questa mostra?
“Il silenzio. Concentrazione e muoversi in silenzio”.
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