GENOVA -In un carcere come Marassi si può essere uccisi nel sonno anche semplicemente perché quando si dorme si russa: l'inquietante retroscena sta emergendo dalle indagini avviate dai poliziotti della squadra mobile titolari delle indagini sull'omicidio del detenuto Roberto Molinari, 58 anni (nella foto a destra), originario della Spezia, ammazzato con ferite alla testa forse procurate con uno sgabello rinvenuto sporco di sangue. Sotto accusa per omicidio volontario il compagno di cella, Luca Gervasio, 48 anni (a sinistra), originario di Cagliari, unica persona presente quando gli agenti della polizia penitenziaria alle 11 di ieri hanno scoperto il cadavere nel letto della cameretta.
Gervasio ai poliziotti della sezione reati contro la persona che conducono le indagini ha detto che il compagno di cella lo infastidiva russando, ma non ha mai ammesso il delitto e sembra essersi chiuso in un silenzio assoluto, come in tranche.
L'uomo in passato era stato dichiarato seminfermo di mente per due volte. Per questo era nella sezione particolare destinata ai detenuti problematici, che prevede solo due persone per cella proprio per limitare eventuali comportamenti violenti. Una convivenza su cui si stanno incentrando le attenzione degli inquirenti. La prima verifica è sul tipo di sorveglianza che necessitavano reclusi con problemi come la vittima e il carnefice dell'omicidio. Non solo, pare che Gervasi avesse appena pochi giorni fa già aggredito Molinari. Dunque i due dovevano quantomeno essere controllati in modo più adeguati.
Il magistrato titolare dell'indagine Gabriella Marino come da prassi ha disposto l'autopsia sul cadavere della vittima che sarà svolta nei prossimi giorni dal medico legale Francesco Ventura, lo stesso specialista che ha effettuato il primo sopralluogo nella cella dopo la scoperta del delitto.
IL COMMENTO
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