GENOVA - Intervista all'amministratore delegato di Psa Italy Roberto Ferrari.
Come è andata la stagione?
“La stagione non è andata male anche se continua il modello operativo nuovo che si è creato dopo la pandemia, cioè quello della mancata regolarità dell’arrivo nave e la maggior sosta dei contenitori sul nostri piazzali. Abbiamo un calo dei volumi rispetto allo scorso anno di circa il 5,6%. È chiaro che tutti i problemi che ha l’industria in Italia e il caro energia sta impattando in modo pesante anche sui nostri impianti: noi siamo un impianto energivoro quindi noi dovremmo prendere provvedimenti perché l’impatto è veramente pesante, questi rincari ad agosto, solo per fare un esempio, rispetto ad agosto dell’anno scorso hanno comportato un aumento del 339% che vuol dire per un impianto come il nostro passare da spendere 550.000 € al mese a 1.800.000.’
Saremo costretti a ribaltare questo costo ai clienti, che poi si riverbererà in tutta la catena e questa purtroppo è una cosa che dovremmo fare per continuare a mantenere una qualità elevata di servizi".
A meno che lo Stato non entri in soccorso?
“Lo deve fare alla svelta perché purtroppo noi abbiamo già sopportato e assorbito questi rincari per tutti questi mesi, ma ora la situazione è diventata veramente insopportabile”.
Parliamo degli investimenti in atto?
“L’obiettivo è quello di trasformare tutti i mezzi a gasolio in mezzi elettrici, questo per diminuire la produzione di CO2 che è il nostro obiettivo ed è un obiettivo generale del gruppo e per questo noi facciamo tutti gli anni il report di sostenibilità che è un documento pubblico con cui, in modo trasparente, ci misuriamo per raggiungere questi obiettivi. Ovviamente ora questo impatto dell’energia sta complicando molto questo processo perché tutti i mezzi elettrici hanno un impatto sui costi di produzione veramente pesante.
Quando avevate calcolato, prima di questa tempesta, di poter chiudere questo ciclo di trasformazione in elettrico?
“Beh il ciclo va avanti al momento perché la nostra politica è quella di rendere gli impianti sempre più ecosostenibili, non è un progetto che si blocca perché noi non vogliamo tornare indietro al gasolio ma vogliamo mantenere una produzione inferiore di CO2, ma è chiaro che dovremmo capire come fare ad affrontare questo problema dell’energia”.
Parliamo dell’elettrificazione delle banchine
“L’investimento per l’elettrificazione delle banchine è stato fatto dall’Autorità di sistema portuale, che ha installato le prime due prese qui a Prà ma di fatto non sono ancora state usate perché manca una normativa, cioè il costo dell’energia prodotta a terra è molto più elevato rispetto al costo dell’energia che gli armatori hanno producendo l’energia a bordo. Ovviamente dovrà essere fatta una norma che defiscalizzi l’energia prodotta perché se no non diventa conveniente, Gsostenibile per loro l’utilizzo dell’energia a terra”.
A che punto siete nella “cura del ferro”, parliamo di binari...
“Per il nuovo viadotto abbiamo il cantiere aperto e permetterà la demolizione del vecchio, la costruzione di ulteriori sette binari da 750 metri e ovviamente poi lo scatto ulteriore si avrà col Terzo valico, che permetterà di fare treni da 750 metri, che sono lo standard europeo e tutto questo ci renderà più competitivi verso i mercati del sud Europa, perché il vero obiettivo di sviluppo è quello di allargare il bacino di utenza e di andare a prendere i nuovi mercati, non essere limitati alla sola economia italiana. Noi abbiamo tempistiche del viadotto di 12-18 mesi e poi ci sarà il cantiere per i sette binari”.
Per quanto riguarda il Terzo valico quant’è importante il quadruplicamento della Tortona Milano a velocità normale? (N.d.r. la battaglia
portata avanti dall’editore di Primocanale)
“È fondamentale perché altrimenti spostiamo l’imbuto a Tortona, noi abbiamo la necessità di andare nel sud Europa perciò è fondamentale completare anche quest’opera”.
Sul nuovo piano regolatore portuale avete richieste?
“Abbiamo alcune idee interne, le stiamo analizzando e abbiamo commissionato ad una società di ingegneria uno studio di fattibilità per capire come e se possiamo fare certe cose. Ovviamente, fatte queste verifiche delle condizioni tecniche, inizieremo a discutere con gli stakeholder, con le autorità e vedremo di portare questa proposta in Autorità portuale, ma al momento non ci sono istanze, non abbiamo formalizzato nulla perché ancora non abbiamo questo questa sicurezza delle condizioni di fattibilità”.
Di che cosa sta parlando nello specifico?
“Il nostro studio di fattibilità intanto è già conforme al piano regolatore portuale: non sarebbe altro che andare a completare delle banchine che sono già all’interno della nostra concessione, cioè non abbiamo mai pensato ad alcuna estensione o di andare ad occupare ulteriori aree”.
Quindi utilizzereste una banchina che già avete e che oggi non utilizzate?
“Sì una parte che fa parte della nostra concessione ma non è attrezzata come banchina”
Necessiterebbe anche di una modifica dell’attuale diga?
“Questo fa parte dello studio tecnico che è in corso”.
È possibile che in quella zona, se lo studio di fattibilità vi dirà che è fattibile, si possa insediare il terminal Sech laddove l’Autorità portuale vi chiedesse di lasciare lo spazio a Sampierdarena per un terminal crociere, non è un segreto che sia un argomento di cui ormai si parla sempre più insistentemente?
“Per il momento no, questo non è un argomento all’ordine del giorno. Noi al Sech abbiamo una concessione che è stata rinnovata due anni fa fino al 2045, ora prorogata fino al 2047 per il Covid. Abbiamo degli impegni, li stiamo rispettando e stiamo portando avanti un programma di sviluppo per il Sech. Quindi al momento non c’è questa questione sul tavolo”.
A proposito di Sech, mi ha parlato di un programma di sviluppo, come va la vostra attività nel porto storico?
“Anche lì stiamo rinnovando tutti gli impianti che sono datati, abbiamo appena terminato un tender per le prime due nuove gru di banchina, perché le quattro gru di banchina saranno le prime a essere sostituite. Il tender è finito due settimane fa, è anche vero è vero che la consegna del nuovo équipemnt si è dilatata perché si sono create le condizioni come per le auto e ogni cosa, le consegne si sono allungate però contiamo in un anno un anno e mezzo di di avere le prime gru nuove anche al Sech.
Parliamo della nuova diga: la vede come un’opera comunque importante, pensando anche a quella fetta di vostra concessione al Sech, oppure per voi può essere anche secondaria?
“Per noi è un elemento neutro perché non cambia la nostra operatività. La diga va fatta secondo noi perché migliora la sicurezza della navigazione. Per noi è indifferente perché già ora al Sech possono arrivare grandi navi fino a 370 metri, il Sech non ha alcun limite di cono aero perciò difficilmente queste condizioni potranno essere ulteriormente migliorate con la diga nuova.
Quando ha parlato dello studio di fattibilità ho notato quanto ha specificato non aumentiamo gli spazi, siamo nell’ambito della concessione. Sappiamo quanto Psa abbia lavorato nei rapporti con il quartiere, che ormai sono buoni...
“Sì, infatti lo ho sottolineato perché è bene che una volta che le idee sono chiare ci si confronti anche con il territorio per capire quali sono gli elementi che possono essere armonizzati e possono essere concordati. Noi non vogliamo essere invasivi, noi vogliamo essere e ci sentiamo parte del territorio, infatti la strumentalizzazione, a volte, di queste cose ci dà un po’ fastidio perché non è il nostro obiettivo, noi abbiamo lavorato per chiarirci e cerchiamo di stare in armonia con tutto il territorio”.
Parliamo degli equilibri in porto: ha sentito dell’alleanza tra Spinelli e Hapag Lloyd? Come la vive? Può essere una minaccia oppure dalla concorrenza sempre più viva nascono poi alla fine stimoli per tutti?
“Per noi al momento non cambia nulla perché già Hapag aveva scelto il terminal di Spinelli come hub con e tutti i volumi che potevano andare da lui perché la dimensione delle navi lo consentiva, quindi erano già concentrati da Spinelli. Anche per noi rimane un ottimo cliente , viene da noi con navi grandi e con le navi della Alleanza perché ne fa parte e l’Alleanza congiuntamente decide il terminal da scalare. Al momento non vedo dei grossi cambiamenti”.
Pensiamo alla chiusura dell’anno con questi presupposti, cioè caro energia e la guerra, che non finisce. Come pensate che sarà la chiusura?
“Sarà abbastanza difficoltosa perché se l’industria è in difficoltà noi siamo lo specchio dell’industria e se va in difficoltà chiaramente la merce viaggia meno, per questo questo noi siamo preoccupati. Ormai ci siamo abituati... con tutti questi eventi non preventivabili, siamo passati dalla caduta di un ponte, poi la pandemia, la guerra, ora l’aumento incontrollato dell’energia, sono tutti elementi che nessuno di noi aveva messo a budget ma ci siamo quasi abituati a lavorare in questi contesti di indecisione e a diventare sempre più veloci e attivi”.
Ma i lavoratori possono stare tranquilli?
"Direi di sì, comunque le aziende sono sane hanno dei bilanci sani, la volontà degli azionisti è quella di continuare investire in modo importante su Genova, credono in Genova e nell'Italia, anzi noi abbiamo anche in programma di aumentare l’organico di diventare ancora più competitivi più professionali e questo lo stiamo facendo anche insieme all’Accademia del mare, perché ci serviranno a breve delle figure professionali nuove perché il nostro settore è in cambiamento a livello di tecnologia e automazione, quindi abbiamo bisogno di figure professionali nuove che sul mercato non si trovano, perciò ci dobbiamo prenderci la responsabilità di formare personale e di costruire le nuove risorse che ci serviranno nel prossimo futuro".
Un bell’appello anche per i giovani che sanno che il lavoro c’è
"Sì, questo messaggio è sicuramente positivo, l’altro messaggio è che il mondo sta cambiando, ci dobbiamo cambiare, dobbiamo incrementare la professionalità anche delle persone che attualmente lavorano in porto, perché il lavoro cambia e cambierà sempre di più le varie mansioni".
IL COMMENTO
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