Alberto Pandolfo, consigliere comunale del Pd a Genova ha risposto alla questione relativa al rischio di perdita di lavoro per gli occupati nel settore della nautica che si occupano di maxi yacht. Tema rimarcato dall'editore di Primocanale Maurizio Rossi (Leggi qui). Di seguito la risposta di Pandolfo.
I settori della nautica e della crocieristica hanno bisogno di risposte immediate e di prospettive future per continuare ad essere gli elementi di punta e di maggior prestigio per l’economia del nostro mare e quella del Paese. Ecco perché è necessario fornire al più presto una risposta all’interpretazione troppo restrittiva della sentenza della Corte di Giustizia UE che limita a 90 giorni la permanenza in Europa dei lavoratori extracomunitari.
Il Mediterraneo – con i suoi porti, cantieri e marine – costituisce una meta abituale di navi battenti bandiera extra-UE (e in particolare, navi da diporto) sia per lo svolgimento di attività commerciali (crocieristiche o in esecuzione di contratti di charter), sia per soste tecniche dovute a lavori di manutenzione/riparazione, oppure a rimessaggio, presso cantieri e marine. Le ricadute economiche per i territori interessati sono rilevantissime.
Il normale esercizio delle predette attività comporta molto spesso che la permanenza in acque UE si protragga per periodi significativamente lunghi, la durata dei quali, in virtù della normativa doganale vigente, può legittimamente protrarsi fino a 18 mesi (in regime della cd “ammissione temporanea”). Condizione essenziale di tale permanenza, trattandosi di navi in armamento, è la normale gestione degli equipaggi (costituiti in parte rilevante da marittimi di nazionalità extra-Schengen, in particolare anglosassoni), cioè la possibilità di provvedere al loro avvicendamento secondo le regole previste dai rispettivi contratti di lavoro subordinato (es., fruizione di permessi per ferie, malattia, ecc.).
La nuova procedura introdotta dalla Corte di Giustizia pregiudica pesantemente tale gestione: nella misura in cui limita a soli 90 gg. la permanenza a bordo dei marittimi che si imbarchino via terra in attuazione del predetto avvicendamento, essa determina la pratica impossibilità di mantenere le navi armate con gli equipaggi necessari per l’intero arco temporale consentito dal regime doganale. Conseguentemente, gli armatori si trovano ad essere fortemente disincentivati nella scelta del Mediterraneo per l’esercizio delle loro attività, con conseguente gravissima perdita delle ricadute economiche sopra richiamate.
La Liguria e Genova, in questo contesto rischiano, di soffrire più di altri, proprio per la vicina concorrenza di altri paesi europei, come la Francia o la Spagna, che hanno dato interpretazione diversa alla sentenza della Corte di Giustizia UE.
In Italia, la disposizione comporta il fatto che se la nave (legittimamente) staziona o naviga in acque UE per più di 90 giorni, una volta concluso questo periodo non può più tenere a bordo i marittimi imbarcati via terra perché questi diventano “immigrati clandestini”.
I dati raccolti nel settore della nautica professionale genovese sono più che preoccupanti: le cancellazioni di soste precedentemente programmate presso marine e cantieri facenti a Genova hanno determinato, nel solo trimestre settembre – novembre 2021 un danno economico stimabile in oltre 46 milioni di euro. Questo perché una interpretazione troppo restrittiva di questa sentenza sta penalizzando il comparto dei lavoratori marittimi, in gran parte extra UE, che si occupano di manutenzione e prestano servizio sulle navi da crociera e sui grandi yacht.
A difesa di questo comparto fondamentale per la nostra economia sono al lavoro i senatori del PD, che hanno effettuato recentemente una visita a Genova, in particolare la senatrice Roberta Pinotti e il senatore Alessandro Alfieri, stanno sollecitando il Ministero dell'Interno e il Ministero degli Esteri affinché il Governo trovi una soluzione.
È necessario lavorare affinché venga trattato come settore specifico a cui non applicare la normativa dei 90 giorni, ad esempio prevedendo il rilascio ai marittimi extra-UE con regolare contratto di arruolamento un visto per “lavoro subordinato” già oggi contemplato dalla normativa italiana vigente (“T.U. Immigrazione” e relative norme di attuazione).
L’appello è forte, e deve essere supportato da tutte le istituzioni locali, affinché questa situazione assurda sia risolta per tornare a dare speranza a un settore fondamentale per la crescita e lo sviluppo del Porto di Genova.
IL COMMENTO
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