GENOVA - Trentun anni fa il disastro della petroliera Haven al largo di Arenzano e Voltri, il più grande disastro ambientale del Mediterraneo che provocò la morte di 5 persone, il comandante della nave e 4 membri di equipaggio. L'ammiraglio Sergio Liardo, direttore marittimo della Liguria, racconta così le difficili decisioni prese quel terribile giorno e nelle ore successive: "Fu un dramma, una tragedia: l’incendio scoppiò alla mattina dell’11 aprile del 1991, la nave rimase circa tre giorni in mare e fu scelto dall'allora ammiraglio Alati di lasciare bruciare la nave (che poi affondò il 14 aprile) e questo portò ad un vantaggio importante, nel senso che aveva a bordo 140.000 tonnellate di greggio e 100.000 di queste bruciarono. Con lo studio dei venti venne appurato che la nube tossica non avrebbe interessato mai la costa, ma si diresse verso il largo e quindi in mare finirono 35-40.000 tonnellate di greggio, e quelle che uscirono poterono in parte essere contenute, solo una piccola parte finì sulla spiaggia e fu necessario intervenire".
L'ammiraglio definisce quello della Haven il "più grande disastro del Mediterraneo. Se non avessimo deciso di lasciar bruciare il greggio per tre giorni, probabilmente avremmo avuto un impatto importantissimo, che sarebbe durato negli anni. Oggi abbiamo una parte residua di petrolio, risibile, all’interno delle due cisterne, ma una po’ la pressione un po’ la temperatura fanno sì che non sia più in grado di fuoriuscire e quindi non costituisce più alcun pericolo per l’habitat marino".
IL COMMENTO
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