LIGURIA - Mesi e mesi di attesa per poter effettuare un esame sanitario. Le lunghe liste di attesa delle prestazioni sanitarie rappresentano uno dei principali problemi che il sistema sanitario nazionale sta affrontando e con cui cittadini e pazienti si scontrano quotidianamente. Spesso per superare il problema ricorrono alle strutture private, oppure a una migrazione sanitaria sino ad arrivare alla rinuncia alle cure con pesanti conseguenze sulla salute.
Il presidente dell'Ordine dei Medici della Liguria Alessandro Bonsignore traccia due possibili strade da percorrere per cercare di limitare il problema. "Abbiamo circa un 30% di prenotazioni non disdette da pazienti che trovano soluzioni alternative, dobbiamo trovare una modalità per ridurre questa percentuale di scoperto che alleggerirebbe i tempi di attesa. La seconda soluzione è estendere l'operatività delle strutture per gli esami e i vari macchinari non solo per quelle 8-9 ore giornaliere ma per tutta la giornata. Per fare questo bisogna incidere sui contratti nazionali perché ai medici non vengono pagati gli straordinari e non si può chiedere di restare volontariamente più ore del dovuto perché poi si ricade nelle sanzioni della Comunità europea per l'iper-lavoro" conclude Bonsignore.
Nel 2022 il ministero della Salute ha stanziato circa 500 milioni per il recupero delle prestazioni sanitarie rimaste indietro a causa della pandemia da Covid con lo stesso dicastero che ha tracciato le linee di indirizzo per il recupero delle prestazioni sanitarie non erogate sulla base di tre categorie di prestazioni prioritarie: ricoveri per interventi chirurgici programmati, inviti e prestazioni per le campagne di screening oncologici e prestazioni ambulatoriali.
I dati della Fondazione Gimbe evidenziano come la Liguria nel 2022, per quanto riguarda il recupero dei ricoveri per interventi chirurgici programmati, si fermi al 14%, fanalino di coda delle Regioni italiane, appena meglio la Provincia autonoma di Bolzano (21% di prestazioni recuperate) e Campania (22%). Ai primi posti nella classifica il Piemonte (92%), la Basilicata (91%) e la Toscana (90%).
Per quanto riguarda la percentuale di recupero degli inviti screening oncologici (anno 2022), la Liguria non va oltre il penultimo posto con il 20% di recupero. Peggio solo il Friuli Venezia Giulia (14%) mentre la Campania fa appena meglio della Liguria (21% di recupero). Ai primi posti invece con il 100% di recupero ci sono il Piemonte, la Valle d'Aosta, la Provincia autonoma di Trento, il Lazio, il Molise, la Basilicata, l'Emilia Romagna e la Toscana. Nel caso sia dei recuperi dei ricoveri per interventi chirurgici programmati che dei recuperi degli inviti screening oncologici, il dato della Liguria è inferiore rispetto alla media italiana che si attesta rispettivamente al 66% e all'82%.
Va meglio invece per quanto riguarda la percentuale di recupero delle prestazioni di screening oncologico (anno 2022) con la Liguria che fa segnare un 80% di recupero quando la media italiana si attesta al 67%. Se si analizza poi la percentuale di recupero delle prestazioni ambulatoriali la Liguria si ferma al 36% di fronte a una media italiana del 57%. Nette le differenze regionali in termini di recupero: si va dal 100% di Valle d’Aosta, Provincia Autonoma di Trento e Toscana, al 7% della Campania e al 10% della Sardegna.
Poi c'è il dato che riguarda il recupero complessivo delle prestazioni sanitarie dice la Liguria si ritrova quintultima tra le regioni italiane con il 39% di prestazioni recuperate a fronte di una media nazionale del 65%. Peggio hanno fatto: Campania (10%), Calabria (18%), Friuli Venezia Giulia (19%) e Sardegna (34%). Le performance migliori invece vedono al primo posto la Toscana (99%) seguita dalla Provincia autonoma di Trento (95%) e dall’Emilia Romagna (91%).
La Liguria ha comunque utilizzato il 100% delle risorse disponibili quando la media italiane è del 69%. Altre Regioni hanno usato più risorse di quelle messe a disposizione, si tratta di Emilia Romagna (135%), Friuli Venezia Giulia (127%) e Piemonte (106%). Dall'altra il Molise ha usato solo il 2% delle risorse mentre Sardegna e Calabria rispettivamente il 26% e il 28%.
Infine il dato sul coinvolgimento delle strutture private accreditate. Al fine di agevolare il recupero delle prestazioni, la normativa ha previsto che Regioni e Province Autonome potessero coinvolgere gli erogatori privati accreditati, integrando accordi e contratti esistenti. La percentuale stimata di committenza al privato è pari o superiore alla media nazionale in Puglia (93%), Lombardia (46%), Campania (37%), Sicilia (35%), Liguria (32%) e Calabria (30%); le altre Regioni si collocano al di sotto del valore nazionale, con Marche e Molise che non hanno fatto ricorso al privato.
IL COMMENTO
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