L'89,6% degli infermieri è stato vittima di violenza (fisica, verbale, telefonica o ha subito molestie sessuali) da parte dell’utenza sul luogo di lavoro. Nel 58% dei casi registrati l'aggressione è stata fisica. Ogni giorno in Italia un infermiere subisce violenza nel compiere il proprio lavoro. Dati emblematici che mettono in evidenza una problematica sempre più sentita a livello nazionale. Per questo l'Ordine delle professioni Infermieristiche di Genova ha organizzato un convegno focalizzato sul tema con l'obiettivo di diffondere una cultura non violenta da costruire in una società basata sul rispetto reciproco, la giustizia e la pace.
I dati delle violenze subite dagli infermieri
Il 58% degli infermieri ha subito una violenza fisica. Nel 43% dei casi si sono verificati sputi e lancio di oggetti, nel 39% dei casi graffi, nel 37% dei casi schiaffi e pugni mentre nel 35% dei casi ci sono stati spintoni e nel 26% calci. Per quanto riguarda le molestie sessuali nel 78% dei casi si è trattato di parole a carattere sessuale rivolte verso gli infermieri mentre nel 31% si parla di violenza con casi ad esempio di palpazione. Tutto questo produce delle ripercussioni psicologiche come rabbia (58,8%), senso di impotenza (42,3%), ansia (41,4%), disgusto (41,5%), tristezza (31,2%), abbattimento (28,9%), Paura (28,1%), bassa autostima (9,4%), fallimento (7,9%), disperazione (3,9%).
Tra i problemi la carenza di organico e le difficoltà nell'offrire al meglio il proprio servizio
"Questo tema va affrontato - spiega Alessandro Cataldo, infermiere, sociologo, sanitario e coordinatore della commissione contro la violenza OPI Genova -. I diversi fenomeni che si verificano sono determinati da una mancanza di soddisfazione dei bisogni, gli operatori subiscono le carenze organizzative degli organici che si ripercuotono sulle attività da portare avanti. Nei pronto soccorso le persone cercano risposte a immediate alle emergenze. L'obiettivo non è punire ma capire da cosa derivano determinate cose. La violenza non può essere tollerata. Le istituzioni devono dare risposte ai cittadini, solo in questo modo i casi di violenza potranno diminuire e sarà essa stessa una forma di prevenzione". Proprio la prevenzione e lo studio di una modalità comunicativa idonea e "più umana" sono alla base del convegno che ha visto la partecipazione di esperti del settore e delle istituzioni in un dialogo che prova a trovare risposte rispetto alle emergenze. L'80% degli infermieri di Genova sono donne e di conseguenza il dato delle aggressioni rispecchia quanto emerge a livello nazionale. Solo a Genova i casi di aggressione sono stati da inizio 90.
Combattere il fenomeno creando una comunicazione diretta ed efficace
Creare una facile comunicazione è un punto base per affrontare il tema come spiega Bruna Crepaldi infermiera che fa parte della Commissione contro la Violenza OPI Genova. "Eventi come questo sono alla base per permettere di palare con degli esperti e promuovere nuovi strumenti e laboratori. L'Ordine offre uno sportello di ascolto importante per denunciare casi di mobbing, violenze di genere e non solo. Per questo è fondamentale l'incontro con i cittadini. Spesso ci troviamo in luoghi molto convulsi e bisogna essere pronti e attenti a intercettare i bisogni delle persone che hanno subito violenze o che hanno agito con violenza. La nostra è una proposta di rilevanza sociale" spiega Crepaldi.
Gli infermieri: "Serve creare una cultura della non violenza"
Il convegno focalizza da una parte la necessità di promuovere a livello sociale una cultura di "non violenza" analizzando gli spazi, il dialogo, le azioni di prevenzione e i costi. Accanto si sviluppa la necessità da parte delle istituzioni di creare luoghi idonei e promuovere le buone relazioni. In questo senso anche la musica può portare un suo elemento di beneficio collettivo.
IL COMMENTO
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