Lo ha confermato anche Massimo Mauro, l’amico dei progetti seri, il socio nella Fondazione perla cura della Sla, che in questi giorni è fra gli organizzatori della serata al Carlo Felice di lunedì 8 “My name is Luca-Ballata per Vialli”. «E’ risaputo», ha detto, che quello di diventare presidente della Sampdoria sia stato il sogno mancato di Gianluca Vialli.
Scomparso un anno fa nella notte fra il 5 e il 6 gennaio, per un’Epifania triste e piena di malinconia per i moltissimi che lo amavano, lo stimavano, lo ammiravano.
Vialli se n’è andato troppo presto dopo una vita, anzi molte vite vissute con passione, entusiasmo, generosità nel darsi, con determinazione nel fare. Il testamento in quelle parole rilasciate in un’intervista intima e toccante, delicata e quasi shoccante nella sua sincerità, ad Alessandro Cattelan, poco tempo prima di morire, parlando dell’eredità spirituale, e di quello che stava cercando di trasmettere alle sue figlie Olivia e Sofia non con le parole ma con l’esempio: «Non bisogna darsi delle arie, si deve saper ascoltare, bisogna cercare di migliorarsi sempre, fare del bene e ridere tanto».
Il resto del testamento spirituale uscirà nei prossimi giorni, sotto forma di libro, curato da Marco Ponti, il regista della “Bella stagione” con lo scrittore Pierdomenico Baccalario. Parole e pensieri presi da una lunga intervista, voluta da Luca, trasposte in pagine scritte.
Luca Vialli è stato tante cose, dopo essere stato un simbolo della Sampdoria dello scudetto e delle coppe di Paolo Mantovani, con il gemello Mancini e quella banda unica e molto speciale di giocatori-amici. E’ stato capitano, goleador e trascinatore della Juventus vincitrice della Champions con un altro ex sampdoriano, Marcello Lippi, in panchina, E’ stato l’uomo della rinascita del Chelsea: E’ stato un commentatore televisivo arguto e acuto, mai banale e scontato. E’ stato un punto di riferimento fondamentale nel gruppo azzurro che ha conquistato l’Europeo a Wembley, la cui foto simbolo è l’abbraccio con Mancini, con gli occhi lucidi. E poi è stato un amico meraviglioso, una persona umile, affidabile e determinata quando – già al top del successo – decise di prendere il diploma da ragioniere perché così aveva promesso alla sua famiglia. E poi un marito e un padre presente.
Tanti Gianluca Vialli che hanno sempre cercato di prendere la vita nel modo giusto, in un rapporto sempre nel segno della generosità: dare e avere. Anche quando, alle prese con la malattia, non era facile.
I tanti volti di una bella persona, ma con un legame speciale, unico. Massimo Mauro ha definito la serata dedicata all’amico al Carlo Felice una “festa”: E al Secolo XIX ha spiegato: «Festeggiare Gianluca non si poteva fare che a Genova. A Cremona è nato, a Torino ha vinto la Coppa dei Campioni e vissuto uno splendido finale di carriera, ma Genova è realmente tutto».
Gli aneddoti su quell’età felice si sprecano. A Samp TV qualche anno fa Luca confessò: «La Sampdoria è una cosa che ti entra dentro, e quindi è anche difficile andarsene. Chiaro, la vita a volte ti porta a dovertene andare, ma vedo che c’è gente che è nata, cresciuta e morirà qua alla Sampdoria, e credo che sia una cosa molto bella. C’è un grande senso di appartenenza… La Samp ti entra nel Dna. Noi andavamo a letto con il pigiama della Sampdoria. Al mattino mi alzavo alle 9.55, uscivo di casa alle 10.05 in tuta senza calze perché il clima di Nervi e Bogliasco te lo permetteva anche in inverno e, mentre ero in strada, mi ripetevo “Ma come si fa a non aver voglia di andare ad allenamento qui?”. E ancora, in un’altra intervista: «Paolo Mantovani era una persona intelligente che riusciva sempre a trovare grande equilibrio tra la parte emozionale e quella del business. E un visionario con la volontà di battere lo status quo, essere Davide contro Golia. Voleva agitare le acque, far diventare possibile l’impossibile. Io mi dicevo “Da grande vorrei essere come lui”».
Non ha fatto in tempo. Ma non è difficile immaginare come sarebbe potuta essere la Samp di Vialli presidente, ispirato dall’esempio di Paolo Mantovani: «Un’outsider costruita sui giovani scelti accuratamente, non solo per caratteriste tecniche ma umane – come faceva sempre il direttore sportivo Paolo Borea, e prima di lui l’altro manager, Claudio Nassi -, la voglia di costruire un gruppo unito, e sorridente. L’obiettivo di dare fastidio a tutti, senza timori reverenziali, appunto Davide contro Golia. L’utopia, chissà, di trovare un’altra coppia di gemelli e, mai dire mai, provare a tornare in alto, magari partendo dal fatto di essere nuovamente – e qui citiamo Boskov – “copetera”.
Peccato che il sogno di un Vialli presidente non si potrà realizzare. Ma il nuovo gruppo dirigente, appena insediato, la scorsa estate, dichiarò di vedere quella Sampdoria come un punto di riferimento. Un gruppo coeso attorno a un allenatore carismatico c’è. Ci sono molti giovani promettenti (purtroppo, pochissimi di proprietà) oggi come allora. C’è pure un Mancini nei quadri societari. Il resto è tutto da sognare, e provare a costruire. Le belle stagioni sono rare. Ma qualche volta ritornano.
IL COMMENTO
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