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L'ok del Consiglio dei Ministri al "decreto salva-Ilva" arriva da Roma alle 17: no al dissequetro dell'impianto dell'Ilva di Taranto, nonostante l'allarme occupazione lanciato dall'azienda nei giorni scorsi.

Il Cdm stabilisce che la società "abbia la gestione e la responsabilità della conduzione degli impianti e che sia autorizzata a proseguire la produzione e la vendita per tutto il periodo di validità dell'Aia. L'Ilva è tenuta a rispettare pienamente le prescrizioni dell'autorizzazione ambientale". I provvedimenti "di sequestro e confisca dell'autorità giudiziaria non impediscono all'azienda di procedere agli adempimenti ambientali e alla produzione e vendita secondo i termini dell'autorizzazione".

La durata della vigenza del provvedimento è stata modellata sul periodo di efficacia dell'Autorizzazione integrata ambientale rilasciata per i prossimi sei anni. Resterebbe confermata, invece, l'introduzione di una 'figura di garanzia', una 'figura terza' che possa dare fiducia a tutte le parti coinvolte: non un commissario ma piuttosto un 'garante' che vigili sull'applicazione rigorosa ed efficace delle prescirzioni Aia.

La strada del decreto è stata intrapresa per evitare - ha detto il Premier Mario  Monti - "un impatto negativo sull'economia stimato in otto miliardi di euro all'anno" e salvare così i 12mila dipendenti di Taranto e i lavoratori dell'indotto pugliese. Ma anche Genova, che "può continuare a vivere ancora per una settimana - ha avvertito il presidente Bruno Ferrante - o Novi Ligure, autonomo ancora per due settimane, o Racconigi, che ha lavoro ancora per tre.