L'Ilva chiede la cassa integrazione straordinaria per 6.500 lavoratori (di cui 6.417 per lo stabilimento di Taranto). Ma riguarderà anche lavoratori degli impianti di Patrica (Frosinone) e del Centro Servizi di Torino.
Stando a quanto comunicato dai sindacati, comincerà già il 3 marzo prossimo e avrà la durata di 24 mesi. Un'istanza motivata dalla ristrutturazione in atto nell'ambito della procedura per la bonifica degli impianti inquinanti, secondo quanto prevede l'Autorizzazione integrata ambientale (Aia). Attualmente lo stabilimento di Taranto ha già in cassa integrazione 2.600 lavoratori, che il 2 marzo dovrebbe però scadere.
Nel piano di ristrutturazione aziendale presentato ai sindacati di categoria, l'Ilva annuncia anche l'investimento di due miliardi e 250 milioni di euro per gli interventi di risanamento, secondo le prescrizioni del ministero dell'Ambiente.
Con la chiusura dell'altoforno 5 la produzione dovrebbe passare a diecimila tonnellate al giorno. “Le cifre indicate dall'azienda per la cassa integrazione ci sembrano decisamente eccessive. In ogni caso faremo di tutto perché il peso di questa situazione non ricada tutto sulle spalle dei lavoratori". E' il primo commento del segretario provinciale di Taranto della Uilm, Antonio Talò.
Allo stato attuale "non si ravvisano situazioni che potranno determinare esuberi di natura strutturale". Lo scrive l'Ilva nel piano consegnato ai
sindacati di categoria nel quale comunica l'avvio della procedura per la richiesta di cassa integrazione. Nell'auspicare una ripresa del mercato dell'acciaio, l'azienda ipotizza che "entro il termine di ricorso alla cigs
per ristrutturazione, terminati gli adempimenti richiesti dall'Aia con riferimento agli investimenti per il ripristino e adeguamento degli impianti nelle more cessati, si perverrà gradualmente ai livelli produttivi programmati ed al richiamo in attività di tutto il personale sospeso".
Economia
Ilva, dal 2 marzo scatta la cassa integrazione per 6500 lavoratori
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