Politica

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 Lo scatto di orgoglio ligure che Claudio Burlando ha fortissimamente voluto guidare da Genova, dal salone-casa di Andrea Doria ha diverse letture che gli analisti sicuramente faranno. Anche noi andiamo dietro a queste letture per arrivare, però, ad una conclusione e a un risultato.

La prima lettura.

Mettendo insieme grandi manager di Stato, imprenditori, professionisti, scienziati, amministratori e politici, chiamandoli a raccolta contro le cantatrici della decrescita, ha voluto dare un ruolo alla Liguria come territorio che rappresenta meglio di ogni altro le componenti dell'economia nazionale. Regione industriale, di fabbriche in crisi ma storicamente pesanti, di aziende innovative, di mercanti e di porti, di cantieri e di edilizia, di lavoro antico e moderno, di turismo mondiale crociere e Acquario, di grandi studi professionali e di giovani d'eccellenza in fuga.

Territorio straordinariamente affascinante e, quindi, motore per un turismo di qualità leggi culturale), ma continuamente a rischio di assalti umani e naturali. Territorio dove sta partendo l'unica grande opera ferroviaria nazionale, il terzo valico e, forse, una delle più strategiche tratte autostradali, cioè la fantomatica gronda. Nome da cambiare e subito.

Un mondo che non ha nessuna voglia di rassegnarsi alle prefiche dell'immobilismo democratico e che, anzi, si ribella culturalmente a questo atteggiamento da disperazione controllata che anche una parte della politica sembra profetizzare.

Se non si faranno queste cose, se le banche non daranno soldi alle imprese, se lo stato non pagherà i debiti, se la burocrazia non verrà ridimensionata, la decrescita si trasformerà in disastro. Un dato per tutti che oggi è sconvolgente: oltre 4 milioni di poveri in Italia.

La seconda chiave di lettura è politica e, magari, interessa solo i giornalisti, ma non è di minore importanza per gli effetti che può produrre.

Burlando il giorno dopo il risultato elettorale dagli studi di Primocanale ha tracciato la strada del Pd nazionale: dialogo con M5S su un programma condiviso. Bersani lo ha fatto e tenta di farlo in queste ore anche se le prospettive sono più che modeste.

Ma Burlando va oltre e qui, sì, ritaglia un suo ruolo nazionale o di governo futuro (magari quando toccherà a Matteo Renzi con il quale ormai esiste una forte sintonia) o un ruolo di partito. Fra un anno e mezzo lascerà la presidenza della Regione Liguria, quindi in un lasso di tempo che perfettamente coincide (a meno di drammatiche urgenze romane) con ipotesi di svolte nel Pd.

Sorride Burlando quando gli si presentano questi scenari e ieri ha aggiunto una riflessione quasi "da papa emerito": il tempo passa e anche se il direttore dell'Iit ipotizza umani quasi eterni, ora eterni non siamo.

Certo, piedi per terra. Appunto, piedi per terra. Burlando è una carta nazionale per l'esperienza da politico e da amministratore che ha maturato, unita a quella di governo. Lui lo sa anche se da buon genovese ama viaggiare sottotraccia e lasciar parlare gli altri prima di decidere lui.

L'unica alternativa è che alla scadenza del mandato regionale non si trovino degni successori e, francamente, sarebbe drammatico per il Pd non avere in laboratorio dei leader per il prossimo decennio.

Il vero rischio di Burlando è che deve fare i conti di "quanto Pd" la pensa come lui e di quanto contino, anche in sede locale, quei giovani turchi che a Roma tirano per la giacchetta il segretario nazionale.

Nelle sale laterali di Palazzo Ducale si ragionava già sulle future primarie e c'era chi immaginava nuovi sconvolgimenti!

Manie da alchimisti della politica? Probabilmente sì. In ogni caso questa chance per il governatore della Liguria oggi è vicina e realistica.

La conclusione, in ogni caso, è che il governatore l'en plein l'ha fatto con un migliaio di ascoltatori di qualità e di popolo nella sala del Maggior Consiglio. E l'applausometro che ha ricevuto, a confronto con quello per alcuni altri interventi, è stato addirittura imbarazzante. Per gli altri.

Alla vecchia politica che un po' invidiosa macinava commenti del tipo "tanta gente, ma non se ne farà nulla" auguriamo solo di scomparire definitivamente. Magari felicemente. Per noi.