politica

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Claudio Burlando ha twittato la Beresina del Pd con anticipo: non voto il suicidio, ha scritto. Alcuni del Pd liguri hanno capito la china. Altri, invece, compatti, hanno votato il povero Marini che avrebbe fatto bene a ritirarsi appena letto l’esito del primo scrutinio.
 
Ma forse sarebbe stato corretto che avesse fatto il passo indietro anche il segretario Bersani, nocchiero di questa disfatta senza precedenti, cominciata il giorno del risultato elettorale, trascinata mestamente e a tratti penosamente durante i colloqui con il Movimento 5Stelle, e conclusa con un voto in bianco. Ma il Pd di Bersani è sempre più convinto che gli italiani che tentano di lavorare nonostante la politica dello sfascio  abbiano buon tempo da perdere.

Il Pd della Liguria, il grande erede del Pci di Raimondo Ricci, Gelasio Adamoli, Pietro Gambolato, è spaccato, con una dirigenza giovane per carta di identità ma che non ha capito niente di quello che sta accadendo e che oggi, dichiarazioni ritardate di rito a parte, è allo sbando, uno sbando che si trascina dalle primarie per scegliere il candidato-sindaco di Genova vinte da un outsider di indubbio prestigio morale.

Un fallimento dopo l’altro che dovrebbe far tremare le gambe ai veri militanti che si fanno il mazzo e che avrebbero diritto di sollecitare un decisivo giro di pagina: congressi, ricambi, rinnovamento.
Burlando riprenda in mano il partito se vuole salvarlo. Non lasci che la Beresina romana diventi una Waterloo ligure, con un Pd che a Genova, ed è clamoroso, è il secondo partito dopo i 5 Stelle. Ci sono persone  in gamba, che ragionano con il buon senso ma che non perdono di vista la necessità della politica e della vicinanza con la gente.

E gli altri Grandi Elettori? Morgillo forse avrà votato Marini (a ragione secondo lo schema tattico di Berlusconi), ma Monteleone? Da che parte si è messo? Con Burlando contro Marini? O no?