cultura

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Davanti alla mia scrivania ho due quadri di Flavio Costantini. Hanno accompagnato una parte importante della mia vita: quella professionale, il lavoro di giornalista. Me li aveva regalati lui, molti anni fa. L’attentato a Umberto I° in via Toledo a Napoli, un mosaico di volti, colori, bandiere, pennacchi, parrucche e baffi e Parigi 1911, una lineare immagine di ruote, volti, automobili. La storia, l’anarchia da una parte. Il lavoro e il progresso dall’altra.

A casa, invece, ho l’immagine che fece per la copertina di un libro che scrissi agli inizi degli anni ’80, sulla storia dei teatri di Genova, voluto dalla Cassa di Risparmio: fu l’allora vice presidente della banca, Santino Laganà a chiedere all’artista di disegnare qualche cosa. E così fece Flavio: teatri, Genova, colori.

Dell’artista Costantini hanno scritto tutti. Io vorrei ricordare l’ironico Costantini, ironico con tutti anche con se stesso e con tutto. La sua è stata non l’ironia dell’uomo acido, ma l’opposto, cioè l’ironia dell’uomo veramente libero.
E questa, oggi, è una rara dote.