cronaca

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"Osare la speranza". Questo era il motto della brigata partigiana a cui Don Andrea aderì giovanissimo, seguendo l'esempio di suo fratello maggiore Dino, che ne era il comandante.

Oggi Don Andrea non è più con noi. Ha raggiunto suo fratello, partigiano e insegnante, insieme a cui condusse tante battaglie e che fu per me un fondamentale maestro politico. Proprio grazie a Dino conobbi Don Andrea ormai tanti anni fa. Un incontro di quelli che lasciano il segno.

Ricordare oggi Don Gallo è impresa davvero ardua senza cadere nella retorica, una pratica che lui non amava pur essendo maestro di un’oratoria appassionata, militante ed evangelica al tempo stesso. Don Andrea è per Genova il prete dei deboli, degli indifesi e degli emarginati. Se Fabrizio De André è stato il cantore degli ultimi, della gente dei caruggi e del porto, Don Gallo ne è stato il più convinto, ostinato e assoluto difensore. La sua parlata era sempre netta e sempre sopra le righe, ma ogni volta sincera e onesta.
Il suo impegno e la sua vita sono state consacrate alla missione sacerdotale e all’impegno politico che sentiva essenziale perché, come era solito ripetermi "solo la politica, quella vera, può lottare e vincere le ingiustizie". Amico di tanti potenti è stato sempre contro il potere; una voce limpida contro gli scribi e i farisei del nostro tempo.

Così vanno lette le sue battaglie per i diritti negati, contro le ipocrisie in tema di droga o di immigrazione, con leggi che fanno della clandestinità un reato e del clandestino un criminale, dimenticando il senso dell’accoglienza e della carità.

Come è stato per tutta la sua vita, il Gallo ha combattuto le sue ultime battaglie fino in fondo e senza risparmiarsi. Gli sono grato per avermi coinvolto in molte di queste: a fianco di Libera e di Don Ciotti per combattere la criminalità, azione culminata con l’apertura di quel presidio di legalità nel cuore della Maddalena che è la Bottega in Scià Stradda; poi la lotta al gioco d’azzardo con l’appello contro l’apertura della mega sala slot di Pegli, consapevole che questa nuova piaga si sta mangiando le vite degli ultimi, quelle a lui più care.
Proprio pensando a questa sua ultima battaglia vorrei che, se la mia proposta di legge contro il gioco d'azzardo sarà approvata dal Parlamento, essa porti il suo nome e non quello del primo firmatario, come vuole la prassi istituzionale.

Don Andrea è stato sempre sul pezzo, senza risparmiare colpi e critiche a nessuno: alla politica, alla Chiesa, alle élite della Genova bene con le quali ha sempre avuto un rapporto importante. Perché al Gallo parlavano e chiedevano consiglio prostitute, drogati e immigrati, ma anche signori in cashmere e doppiopetto. Era un punto di riferimento, per tutti. Per la sua Comunità di San Benedetto al Porto innanzitutto, un laboratorio di integrazione e solidarietà costruito passo dopo passo, lotta dopo lotta e ormai maturo per proseguire nella sua azione con le proprie gambe.

Mi mancheranno i suoi rimbrotti e i suoi incoraggiamenti, ho ancora impresso nel cuore l'ultimo che mi scrisse su Facebook: "Lorenzo, non ti curar di loro, ma guarda e passa; continua nella difficilissima sfida del cambiamento", in quelle parole c'e tutto il suo spirito.
Mi mancherà la sua lucidità nell’intervenire ai convegni o alle feste di Partito, la sua passione nell’infiammare le piazze. Ricordo bene quando il 15 luglio 2010, al termine del suo intervento in quella manifestazione che promuovemmo insieme a Sanremo, la Fiaccolata della Legalità e contro le mafie, intonò il canto partigiano per eccellenza “Bella Ciao”, portandosi dietro il coro di tutta la piazza.

Era un partigiano Don Andrea, un partigiano della Fede e dei diritti. A tutti noi che abbiamo avuto la fortuna di conoscerlo non resta che mantenere vivo il suo ricordo e proseguire la sua azione, facendo nostro il suo insegnamento più grande: "in una mano il Vangelo, nell'altra la Costituzione".

*Lorenzo Basso
parlamentare del Pd