
Nuova bufera in Scelta civica, la formazione costituita dall’ex premier Mario Monti e dal leader dell’Udc Pier Ferdinando Casini che ora, però, sono ai ferri cortissimi. Durante una riunione dai toni durissimi del gruppo al Senato, infatti, è stato eletto il nuovo presidente della formazione.
E’ Lucio Romano, che ha raccolto i voti dei dodici senatori – guidati dallo stesso Casini e dal ministro della Difesa Mario Mauro - che un paio di settimane or sono hanno conquistato la maggioranza e messo in minoranza Monti in minoranza su un terreno deciso come il sostegno al governo e, in particolare, sulla legge di stabilità.
“Non essendo iscritto a Scelta Civica ma unicamente al Gruppo del Senato preferisco non entrare nelle polemiche che stanno iniziando ad uscire su vari comunicati stampa a firma di alcuni parlamentari di Scelta Civica a seguito dell'elezione di oggi del nuovo capogruppo al senato Lucio Romano.
Ho da tempo spiegato la mia posizione indipendente sia a Monti che al Presidente Vicario Alberto Bombassei con cui ho avuto un franco e piacevole incontro di oltre un'ora ieri sera - spiega il senatore ligure Maurizio Rossi - . Mi dispiace che ci siano tensioni anche perche ritenevo che l'elezione di un capigruppo cosi preparato e benvoluto da tutti i colleghi poteva essere proprio l'inizio di una nuova coesione almeno al Senato. Purtoppo mi pare che non venga accettata da alcuni Senatori una decisione presa a maggioranza che non dovrebbe avere alcuna discussione.
Al Senato peraltro bisogna ricordare che non esistono candidati Udc o di Scelta Civica ma per decisioni certamente non dipendenti da me la lista e' stata unica. Ribadisco con forza, come ho detto oggi quindi nel corso dell'Assemblea del Gruppo, che sono il primo che non condivide in alcun modo la politica dell'Udc partito che penso dovrebbe valutare se e perche proseguire il suo percorso sia a livello nazionale che regionale"
Dopo Bombassei, anche lo stesso Monti aveva chiesto, con una lettera, di soprassedere alla votazione, in attesa della prossima assemblea del partito, il prossimo 15 novembre, e già questo ha finito per alimentare lo scontro.
Al momento di stabilire se votare comunque o no il nuovo presidente del gruppo, i fedelissimi dell’ex premier hanno deciso di disertare prendendo atto che il “i 12” erano invece decisi ad andare avanti. La contromossa è arrivata a stretto giro, con una delegazione di parlamentari che ha chiesto di convocare il gruppo alla Camera – che politicamente pesa però molto meno, visto che a Montecitorio il governo è quasi autosufficiente grazie ai numeri del Pd – e preparare eventuali sanzioni a carico di coloro che vengono accusati di aver violato l’indicazione del partito di soprassedere sulla scelta del nuovo capo delegazione a Palazzo Madama.
IL COMMENTO
Genova e il Turismo, un rapporto complesso con i camerieri
Leonardo, Fincantieri e la guerra: l'etica non può essere solo italiana