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Il no degli ultra’, i ritardi del prefetto, il comune spiazzato, la furia di lega e televisioni a pagamento. Il derby della lanterna tra Genoa e Sampdoria, lo sappiamo, ha vissuto il suo travaglio più lungo con tanto di spostamento dalla domenica alle 12.30, collocazione rifiutata dai tifosi duri e puri delle due gradinate, al lunedì alle 20.45.


Un buferone in cui si sono trovati amministratori di Tursi e del palazzo del calcio. Genova  per i suoi ritardi nel decidere e per essersi messa di traverso nel calendario spezzatino voluto da Sky è  stata attaccata un po’ da tutte le parti, ma dopo aver trovato, causa concomitante fiera di Sant’Agata, la soluzione per uscire dal ginepraio in cui tutti si erano avventurati, la Genova del pallone ha fatto un gran gol in contropiede, quanto quello di Maxi Lopez che ha deciso la stracittadina per la Sampdoria.


Quasi trentamila spettatori, non male per una serata gelida e piovosa di giorno feriale, coreografie imponenti e soprattutto tanto rispetto . Via agli sfotto’, all’ironia, ma al Ferraris e nei locali dei dintorni, prima e dopo la partita, tutti con sciarpa del grifo o cappellino del doria rigorosamente vicini e persino sorridenti .


Una lezione da ricordare al confronto delle coltellate abituali di Roma quando si affrontano giallorossi e biancocelesti, ma quello della capitale è  solo un piccolo esempio nel triste panorama italico fatto spesso di violenza.  La superba con il suo derby così frullato alla vigilia, si è imposta per qualcosa di altrettanto diverso nel calcio:  la civiltà.