cronaca

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Si allarga l'inchiesta sui baby 'prostituti' genovesi che vede 20 persone indagate tra i 40 e i 60 anni per favoreggiamento della prostituzione minorile sarebbe solo la punta di un iceberg.

Settimane fa il caso delle baby squillo, oggi sotto i riflettori sono dei ragazzini. "Non c'è più differenza tra generi - spiega la psicoterapeuta, Sara Padovano, a Primocanale - L'adolescenza sta cambiando". In Procura spuntano nomi di imprenditori, commercianti e un mobiliere. Il fenomeno secondo gli inquirenti sta aumentando grazie a internet. "Ma il web - ha detto il procuratore Michele Di Lecce - non è l'unico modo. Spesso sono amici di famiglia o l'amico di un amico a portare il minore nel mondo della prostituzione".

Il prezzo stabilito per “comprare” un minore è soprattutto un tablet, smartphone o ricariche telefoniche. Ragazzini agganciati in rete da sfruttatori, persone con una vita sociale decorosa, famiglia e figli: tutti accusati di reati pesantissmi. Tra i 20 indagati ci sono residenti nel Basso Piemonte con seconde case in Liguria dove portavano i minori (tra i 13 e i 17 anni, in gran parte romeni, ma anche italiani figli di sudamericani) per consumare i rapporti sessuali. I ragazzini raccontano di essersi venduti per necessità.