Alle volte il diavolo sta nei dettagli. E allora bisogna attendere questi dettagli, che arriveranno dopo la pausa estiva, per sapere se la partita delle regole riguardanti le primarie del centrosinistra in vista delle elezioni regionali 2015 si chiuderà senza strappi. Il primo, intanto, è stato evitato: all’unanimità, infatti, il partito ha deciso che la competizione si svolgerà a turno unico. Niente ballottaggio come volevano i burlandiani che sostengono Raffaella Paita, ma anche come chiedeva l’altro candidato forte già in campo, il sindaco di Savona Federico Berruti. Dunque, avanti senza litigi.
Non mancheranno altre occasioni, che potrebbero nascondersi, ad esempio, dentro il programma. Il Pd ne stilerà uno, di partito, che dunque dovrà essere condiviso da tutti i partecipanti alla competizione. I quali, poi, ne declineranno uno più personale: ma potranno aggiungere degli impegni, non cancellare o modificare quelli che il Pd avrà assunto. Sarà un altro banco di prova per testare la coesione dei dem. E, in più, porrà un’ulteriore questione cruciale: visto che il programma andrà condiviso con il resto della coalizione, quale sarà questa coalizione?
Il segretario regionale dei democratici Giovanni Lunardon ha affermato, in epoca non sospetta, che “l’attuale estesa maggioranza regionale, che va da destra a sinistra, è superata”. Per garantirsi governabilità e accondiscendenza, infatti, il governatore Claudio Burlando è stato precursore delle larghe intese: numeri ampi e poltrone dispensate a piene mani, secondo una politica dei forni plurimi grazie alla quale ha superato indenne situazioni che in altri tempi e in altri scenari (per tutti basti il caso degli indagati e degli arresti per le spese pazze) avrebbero provocato crisi e dimissioni. L’effetto collaterale, però, è stato quello di un’amministrazione andata avanti a strappi, con risultati assai discutibili, checché ne dicano i diretti interessati.
Finora tutto ha lasciato intendere che il Pd si muoverà nel solco del radunare le forze compatibili per storia e visione delle cose. Dunque, cominciando a ragionare con quella che abitualmente si definisce la sinistra-sinistra. Ma la pensano tutti così fra i democratici? Dubbio lecito a vedere quanto accaduto nelle ultime settimane, con il Nuovo centrodestra (Ncd) che nei voti in aula ha spesso fatto da stampella alla maggioranza e che, ecco il caso più eclatante, si è sfilata quando la Lega ha raccolto le firme per sfiduciare Burlando sul caso bilancio-Corte dei Conti.
Non c’è alcuna formalizzazione dell’ingresso dell’Ncd nell’attuale maggioranza che governa la Regione Liguria, ma politicamente il passo sembra doversi considerarsi compiuto. Almeno nei rapporti fra la componente burlandian-paitiana e il partito che a livello nazionale ha come riferimento Angelino Alfano e a livello regionale Eugenio Minasso. Nei discorsi programmatici e nell’evolversi della partita delle primarie la questione non è neutra. Va bene che né i dem di Burlando né i neo-consociati dell’Ncd stanno mostrando il minimo imbarazzo, ma i primi non sono tutto il Pd e i secondi dovranno prima o poi rendere conto del loro stesso nome: un centrodestra (nuovo…?) che va con chi è storicamente ritenuto un’alternativa inconciliabile? Replicare su base regionale l’alleanza che sostiene il governo nazionale (prima Letta, ora Renzi) è solo un alibi da alchimisti della politica-politicante, che di nuovo non ha proprio un bel niente.
Del resto, quella che si sta giocando è una partita di potere all’insegna delle vecchie logiche. L’Ncd cerca un ancoraggio dopo essere uscito fiaccato dai recenti test elettorali delle europee e delle amministrative, e soprattutto vuole garanzie di sopravvivenza (leggasi poltrone) per generali e colonnelli, mentre i burlandian-paitiani cercano alleati esterni in vista delle primarie, probabilmente assicurando posti anche per il dopo-voto. Uno scenario che riconduce al quesito principale: il governatore e la delfina si spingeranno sino al punto da proporre e combattere per un allargamento della coalizione all’Ncd? Non è indispensabile perché il gioco tattico vada avanti. I posti che possono far gola all’Ncd per radicarsi meglio, infatti, non sono solo gli assessorati (che possono andare anche a esterni, è bene ricordarlo) e i seggi dell’assemblea regionale, ma anche quelli nelle tante società, partecipate o non partecipate, in cui la Regione può mettere il becco.
Situazione magmatica e in grande evoluzione: troppo presto per dire come andrà davvero a finire, ma certe grandi manovre sono già perfettamente intellegibili. Resta la variabile rappresentata dalle mosse del premier e capo dei dem, Matteo Renzi. Sulle riforme s’è scornato con Sel, però ha escluso che la tensione possa consentire ai suoi di scaricare i vendoliani nelle amministrazioni dove i due partiti amministrano insieme (“a meno che non ci siano motivazioni locali”). Ma anche i suoi rapporti con Angelino Alfano non sono al massimo. Anzi, da sempre sono tendenti al freddo. Come non hanno reso obbligatorio far saltare le intese con Sel, nella visione di Renzi sembra che le “motivazioni locali” possano anche consentire alleanze che per natura sono da considerarsi spurie. Ma, per esempio, se davvero si dovesse andare a elezioni politiche anticipate, abbinate alle regionali o sfalsate di poco tempo, ve l’immaginate un Pd che da una parte dice peste e corna dell’Ncd e dall’altra, invece, ci si mette insieme? A Genova e in Liguria, i grillini potrebbero sentitamente ringraziare…
politica
Primarie Pd, ci sono le regole. Ma la coalizione?
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