politica

2 minuti e 9 secondi di lettura
Come si misura la gioia o la tristezza di una citta'? Mi pongo la domanda dopo aver visto e ascoltato le dichiarazioni a Primocanale di Massimo Giletti , uomo della televisione che conosce bene la nostra citta' e la Liguria e non dice cose a sproposito. Ha aperto un dibattito che non e' uno scherzo. La tristezza ha diverse gradazioni perche' ce ne e' anche una dolce, la saudade portoghese, ma Giletti intendeva quella cupa, che deriva o determina la depressione di una comunita'.

E su Repubblica leggo un corsivo proprio sulle citta' tristi. Un fenomeno, dunque, non solo prerogativa genovese, ma ormai purtroppo generalizzato in un Paese come il nostro depresso dalla crisi da tanti anni.

Vi sembra allegra la Grecia? E persino la Spagna negli ultimi due anni non e' la regione frizzante che accoglieva con felice inconsapevolezza gli incantati studenti di Erasmus. La bella e gradevolissima Valencia, forse unica eccezione, nonostante tutto proprio grazie alla forte presenza di studenti provenienti da tutta Europa mantiene ancora una certa serenita'. M e' una eccezione. 



Genova e' triste come sono tristi Venezia, Firenze o Roma. Le prime due divorate da un turismo incontrollato, invivibili Venezia soprattutto, abbandonata da suoi abitanti originari che sono fuggiti in terraferma, ormai citta' di un palcoscenico denso di tristezza felliniana, di attempati attori, di matrimoni fiction. Roma poi....

Quello che sta succedendo al faraonico Teatro dell'Opera dimostra il fallimento di una capitale che ormai vive esclusivamente di una politica da caduta dell'impero quindi tristissima.

Genova aveva il vantaggio di essere una citta' provinciale e un po' questo vantaggio lo ha mantenuto. La tristezza c'e' ed e' determinata dalla sparizione dei giovani e dalla predominanza di una popolazione non anziana ma molto vecchia e purtroppo ormai non piu' benestante come era fino a qualche anno fa. E' una citta' indifferente al suo destino! E dunque va sferzata. Ma come?

Certo la manutenzione esteriore e' scarsissima, la pulizia e' un otpional, le occasioni di divertimento non ci sono e francamente e' difficile immaginare perche'' ci si dovrebbe divertire. Ma non bisogna esagerare con il calvinismo.

Una nuova Universita' che pensi meno agli immobili e piu' ai ragazzi potrebbe essere un buon ricostituente. Ci auguriamo che il nuovo rettore percorra questa strada. Una sanita' che si riprende le sua eccellenze e che sperimenta nuove forme di collaborazione tra pubblico in affanno e privato serio potrebbe aprire prospettive importanti. La cancellazione di alcuni privilegi (pochi ormai) dovrebbe sburocratizzare una macchina comunale ancora pesante e pedante.

Tutto difficile. Ma ormai di cose facili ne restano ben poche.