cronaca

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"Mi devono uccidere per fermarmi". Così Ilaria Cucchi, sorella di Stefano, all'indomani della sentenza della Corte d'appello di Roma che ha assolti tutti gli imputati accusati della morte del fratello, Stefano Cucchi. "Non ce l'ho con i giudici di appello - aggiunge - ma adesso da cittadina comune mi aspetto il passo successivo e cioè ulteriori indagini, cosa che chiederò al procuratore capo Pignatone".

Ilaria Cucchi spiega che "il prossimo passo è la Cassazione e la Corte europea. Non è finita qui. Se lo Stato non sarà in gradi di giudicare se stesso, faremo l'ennesima figuraccia davanti alla Corte europea. Sono molto motivata". "Mi sono svegliata con l'idea che in realtà abbiamo vinto. L'assoluzione per insufficienza di prove non è il fallimento mio o del mio avvocato, ma il fallimento della Procura di Roma", ha detto Ilaria Cucchi.

"Due sentenze hanno riconosciuto il pestaggio e lo Stato italiano non può permettersi di giocare allo schiaffo del soldato,
come ha detto in aula ieri il mio avvocato. Mio fratello è morto e non si può girare e indovinare chi è stato, devono dircelo loro". Ilaria Cucchi afferma che "tante volte ho attaccato il lavoro dei pm e sono stata molto criticata per questo, anche in aula dai difensori. Ho l'ulteriore prova che avevo ragione", ha concluso la sorella della vittima.

"Il 'caso Cucchi' non finisce qui".
Così Fabio Anselmo, legale della famiglia: "Ora aspetteremo le motivazioni della sentenza per preparare il nostro ricorso per Cassazione ma intraprenderemo anche un'azione legale nei confronti del ministero" della Giustizia, "affinché si possa riconoscerne la responsabilità rispetto alla morte di Stefano".

Non ci sono colpevoli per la morte di Stefano Cucchi. Non lo sono i sei medici condannati in primo grado per omicidio colposo e oggi assolti in appello. Nè i tre infermieri e i tre poliziotti che già erano stati prosciolti nel processo in Corte d'Assise. "Perchè il fatto non sussiste", hanno stabilito i giudici della II sezione di Roma. La vecchia insufficienza di prove. Il calvario del giovane romano, morto nel 2009 una settimana dopo l'arresto per droga, con i segni di traumi violenti e denutrizione, non ha dei responsabili.