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Paita: "Fuoco amico anche da direzione PD"
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Matteo Renzi va oltre "la ragioneria dei numeri" nella direzione convocata per analizzare il risultato delle regionali. Per richiamare il Pd a quella che definisce "una missione storica": un governo di legislatura per fare riforme strutturali e sfidare le "tre opposizioni": la Lega che "sferra l'attacco più insidioso su di noi", la sinistra di Landini "pura demagogia, destinata alla sconfitta" e Beppe Grillo, che "è stabilmente la terza forza"

Oltre due ore dopo le parole del Premier, arrivano quelle di Raffaella Paita, la candidata PD, sconfitta in Liguria, che alla direzione parla senza peli sulla lingua, attaccando il partito genovese e ligure, ma facendo anche autocritica:

"Ho commesso tantissimi errori che non rifarei, ma è stata un'esperienza complicatissima.
Complicata perchè, a partire dalle primarie, c'è stato un disegno politico. Si è faticato molto per trovare una alternativa alla mia. Fino a quando non si è trovata una candidatura con una forte ripercussione nazionale".

Raffaella Paita ha dato la sua versione della sconfitta elettorale in Liguria: "
Abbiamo perso la sera delle primarie, quando Sergio Cofferati, a risultato arrivato, non solo non mi ha stretto la mano, ma ha deciso di uscire dal PD, descrivendo tutti noi come mafiosi e fascisti, facendo passare le primarie come faccende sporche".

Paita è stata dura anche e soprattutto con il suo partito: "Abbiamo perso perchè anche il Partito Democratico ligure, anzichè prendere atto del risultato, fa passare l'idea di primarie logorate e sporche. La conseguenza è stata grave soprattutto nella mia immagine".

"Il clima ha portato i nostri elettori a non andare a votare. Lo dice il dato del PD, ma anche il dato di Luca Pastorino, arrivato ad un misero 9,4%.
Il fuoco amico è arrivato anche da qui, durante il corso della campagna. Molte persone sono anche in questa direzione. Tanti che ora dicono: "Lo avevo detto". A questi dico: "Sappiate, c'era un modo, potevate presentarvi alle primarie, ma non avete colto l'occasione".

Quando la sinistra si presenta disunita e la destra si presenta compatta, in Liguria vince la destra. E' storicamente così.

L'errore finale l'ho commesso io. L'errore è stato quello di avere dato troppa importanza alla possibile unità a sinistra. E ho perso il contatto con l'elettorato moderato. C'è uno stato comatoso del Partito Democratico ligure e della federazione di Genova"



Tornando a Renzi, chi si aspettava l'appello a una tregua interna sbaglia: "Io non ho problemi di numeri e vado avanti. Chi vuole bloccare le riforme mi tolga la fiducia qui e in Parlamento". Con un intervento-fiume, di quasi un'ora e mezza, il premier mette da parte polemiche e recriminazioni "dopo una campagna elettorale in cui si è fatta indigestione di polemiche interne" invece che rivendicare i risultati di governo. Certo si è perso in Liguria e in Umbria "si è sofferto", l'astensionismo è cresciuto di 11 punti, ammette il premier, ma "tutto il sud è nostro".

Colpa di una distanza, incalza Gianni Cuperlo, tra il racconto e le urne che "hanno detto che quella strategia non regge l'urto", perdendo voti a sinistra e non sfondando a destra. Renzi vuole guardare oltre "la demagogia", come definisce chi critica il Pd di aver perso voti rispetto alle europee.

E chiama a un bilancio più a lunga durata alla luce del fatto che "senza un governo di legislatura non si fanno riforme strutturali" e si rischia di perdere. "Io sono qui perché chi guidava prima il governo sosteneva un orizzonte di legislatura di due anni. Se avessimo insistito con quel percorso non so se al G7 ci sarebbe stato uno del Pd", chiarisce ancora una volta il premier riferendosi ad Enrico Letta.

Quindi avanti sulle riforme: sulla "Buona Scuola", in primis che non è fatta "per assumere 200mila persone, come un ammortizzatore sociale, ma per i giovani", sulla quale il premier dilata i tempi, "prendiamoci altre due settimane di tempo e andiamo a discutere in ogni circolo". Fuori dal Pd un gruppo di insegnanti ha accolto a suon di "vergogna" tutti gli esponenti della direzione, dentro la sala Renzi ammette di "non essere riuscito a coinvolgere il mondo della scuola".

Un'apertura al confronto che non ha niente a che vedere con la ristrettezza dei numeri al Senato: "Se vogliamo approvare la riforma della scuola così com'è lo facciamo domani mattina, anche a costo di spaccare il Pd", mostra sicurezza il leader dem. Anche sulle riforme istituzionali Renzi si dice disponibile "ad una riflessione purchè si chiuda". Confronto ok a patto di non "continuare a guardarsi l'ombelico mentre l'Italia riparte". E, senza annunciare sanzioni o misure, il premier mette un paletto a "voti di coscienza declinati in correnti" e annuncia un codice di condotta interno.

"Quando c'è una questione di fiducia e voti contro, non accetto che gli stessi mi facciano la ramanzina sull'unità del partito", avverte riferendosi alla richiesta di favorire l'unità avanzata dall'ex capogruppo Roberto Speranza. Insomma basta "diktat" da parte di nessuno, "maggioranza, minoranza e men che meno della minoranza della minoranza", è l'ultimo avviso di Renzi alla sinistra.

RANIERI LASCIA IL PARTITO - Il sarzanese Andrea Ranieri ha abbandonato il Pd. Vicino a Giuseppe Civati, ha confermato nel suo intervento il sostegno a Luca Pastorino contro la candidata del Pd, Raffaella Paita, alle Regionali in Liguria. All'indomani delle primarie liguri, in una concitata riunione di direzione nazionale, fu proprio Ranieri a portare alla luce la frequentazione di Casapound del portavoce di Raffaella Paita.

SCONTRO ORLANDO-FASSINA  -  E' scontro tra gli ex giovani turchi Orlando e Fassina. Il Ministro spezzino si rivolge alla sinistra del partito accusandola di cercare riposizionamenti legati a giochi di potere. L'ex viceministro definisce "squallido" il suo intervento.

PROTESTA DEGLI INSEGNANTI - Di fronte alla sede dem al Largo del Nazareno un gruppo di insegnanti in un sit in di protesta. "Siamo qui per dire a Renzi che deve ritirare il ddl" dicono i docenti nei cui confronti tuttavia c'è stato un tentativo di allontanamento da parte della pubblica sicurezza. "Siamo qui spontaneamente, non abbiamo sigle sindacali, siamo venuti di nostra libera iniziativa", contestano gli insegnanti ai quali la polizia sta chiedendo i documenti per procedere alla loro identificazione. "Siamo liberi o in uno stato di polizia?" protesta qualcuno di loro.