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Dopo la posizione espressa su Cassano da Primocanale.it
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 “Una tv professionalmente scandalosa”. “Schifosi”. “Fate vomitare”. Il nostro articolo sul perché Antonio Cassano non dovrebbe tornare alla Samp, pubblicato sul sito www.primocanale.it, ha suscitato molte di queste amene reazioni. Sulle prime ho fatto spallucce, deciso a non dare soddisfazione a questa minoranza urlante, che si qualifica attraverso il suo stesso lessico. Poi ho notato un altro commento – “Fatevi gli affari vostri” – e allora ho deciso che no, non ci sto. Perché quando agli insulti si unisce la volontà di imbavagliare il libero pensiero si cade nello squadrismo. Che non significa avere una squadra del cuore.

L’articolo in questione, non firmato perché esprime la posizione della testata, in primis nella persona del suo direttore, è semplicemente un’opinione, che s’è accompagnata alla notizia del possibile rientro in blucerchiato di “Fantantonio”. Le opinioni in quanto tali non sono di per sé giuste o sbagliate, sono condivisibili o non condivisibili. E partendo da questo presupposto abbiamo pubblicato i commenti dei lettori che hanno la nostra stessa posizione e quelli di quanti, invece, non ce l’hanno affatto. Che alcuni di costoro siano ricorsi ad un linguaggio che rasenta il turpiloquio, o tracima quel limite, avrebbe facilmente offerto il destro di bloccare alla fonte certi commenti. Poiché il bersaglio delle offese siamo noi di Primocanale, tuttavia, ho ritenuto di derogare alla regola, cestinando solo le frasi oggettivamente impubblicabili.

E’ il gioco della democrazia, che si basa su un elemento di facile comprensione: io esprimo un’opinione e tu la confuti. Si può discutere anche animatamente su un determinato argomento e si dovrebbe farlo sempre rimanendo nel recinto della civiltà, anche di linguaggio. A nessuno, però, può venire in mente di rivolgersi all’altro contestando il suo buon diritto di esprimerla, quell’opinione. E da questo punto di vista non c’è limite che tenga, neppure quello di ritenere un interlocutore del tutto inadatto a pronunciarsi.

A prescindere da tutto, quindi, esiste “in natura” il nostro diritto – come quello di chiunque, sancito dalla Costituzione – a dire ciò che pensiamo. Compreso, dunque, il caso-Cassano. In più, raccontare fatti ed esprimere opinioni è esattamente il mestiere di qualsiasi testata giornalistica, quindi è sorprendente invitare dei giornalisti a occuparsi d’altro. Non capisco: va bene quando tiriamo dirette televisive di 2-3 giorni per essere accanto alle persone durante un’alluvione, va bene se bacchettiamo i politici, va bene se tiriamo le orecchie agli imprenditori piuttosto che ai sindacalisti, ma non dobbiamo disturbare il manovratore se questi si chiama Massimo Ferrero o Enrico Preziosi?

Non mi risulta che l’essere il presidente della Sampdoria e del Genoa costituisca un lasciapassare di impunità e di intoccabilità rispetto al resto del mondo. Io non so, e neanche mi interessa sapere, se coloro che si sono stracciati le vesti per aver letto su primocanale.it che Cassano non deve tornare siano “truppe cammellate” e quindi organizzate per essere mandate in avanscoperta contro chi “osa” uscire dal coro degli elogi a buon mercato che circondano tanti protagonisti del mondo del calcio. So che pubblicando quei commenti ho difeso il loro diritto a esprimersi, seppur in modo inurbano, perché difendo un nostro diritto. E quello dei non pochi, comunque, che hanno condiviso le nostre osservazioni.

Questa storia, però, induce altre riflessioni, che riguardano l’atteggiamento di troppo giornalismo, in particolare quello sportivo-calcistico, quello politico e quello economico. Marco Travaglio ha intitolato il suo ultimo libro “Slurp” e parla, appunto, della saliva e delle lingue srotolate per decantare le virtù dei potenti. Sovente si dà la responsabilità agli editori, la cui purezza è fortemente contaminata dal groviglio di interessi che stanno dietro i loro diversi affari. Invece, è tempo anche di dire che i giornalisti ci mettono molto della loro autonomia per rendersi tifosi, partigiani e zerbini al servizio del potere.

Non raramente senza che alcuno chieda loro questa genuflessione. Non è un caso che la politica, l’economia e il calcio siano fra le attività che vanno peggio in questo Paese se lì si concentra l’incapacità dell’informazione di essere “cane da guardia”. Di Calisto Tanzi e di cos’era la sua Parmalat nessuno si accorse, con il Parma calcio (neanche di che cosa combinava Ghirardi s’è avuto sentore) finito due volte ingloriosamente. Nessuno si è accorto di quali malaffari si celassero dietro certi rapporti fra politica e coop disvelati dall’inchiesta “Mafia capitale”. Nessuno ha visto che…

L’elenco potrebbe continuare a dismisura ed è anche questa conclamata strabicità o cecità del giornalismo ad aver così assuefatto certe persone al “tutto va bene madama la marchesa” che quando qualcuno fa il controcanto le reazioni “di pancia” sono fra il turpiloquio e lo squadrista. Non voglio neanche richiamare alcune posizioni politiche espresse in totale isolamento da Primocanale per dire che, poi, i fatti si sono incaricati di dire chi avesse ragione.

Al contrario, annuncio, e se ne facciano una ragione i cultori del “fatevi i fatti vostri”, che incalzeremo Ferrero e Preziosi per chiedere loro conto dei bilanci societari, di come gestiscono il rapporto con i tifosi, di quali reali risorse dispongano per portare avanti l’attività calcistica, di quali rapporti abbiano con i palazzi del calcio e del perché si siano trovati su una sponda (vedi l’elezione dell’impresentabile presidente Figc Tavecchio) piuttosto che su un’altra.

So già che incontreremo l’ostracismo di (presunti) tifosi e delle stesse società, così abituate allo “slurp” da decidere esse quali giocatori far parlare e quali no e prontissime a negarsi di fronte a qualsiasi domanda risultasse scomoda. Anzi, a ricoprire d’improperi e ad espellere testate e giornalisti che hanno il solo torto di provare a far bene il loro mestiere. Potranno cacciarci da qualsiasi consesso (a proposito: dalla conferenza stampa di Eto’o ce ne andammo noi), ma non riusciranno a imporci il silenzio. A volte, disturbare il manovratore evita di finire nel burrone.