Marco Simonetti, vice presidente di Maritime Terminal Contship Italia, il gruppo che nello scalo spezzino ha un ruolo predominante con il La Spezia Container Terminal, esprime un giudizio sostanzialmente positivo sul piano strategico della portualità approvato dal Governo: “Il piano – dice - tocca tutti i punti nevralgici che hanno influenzato in maniera negativa lo sviluppo della portualità e della logistica in Italia. Il fattore importante è ora capire come questi punti andranno declinati”. Per Simonetti “I pronunciamenti sono abbastanza generici, ma condivisibili da tutti. Ci sono forse alcune assenze. Comunque non ci sono abbastanza particolari su come il governo intenderà sviluppare questi punti. Il dibattito si aprirà quando il provvedimento diventerà legge”
Quali sono le mancanze di questo piano, dal suo punto di vista?
Più che mancanze ci sono delle chiarezze da fare: per esempio non è trattato assolutamente il punto del lavoro, naturalmente l’organizzazione del lavoro è uno dei fattori fondamentali. C’è solo un generico richiamo a una maggiore competitività del sistema lavoro in banchina. Se questa competitività sarà declinata in maniera più liberista, cioè ci sarà la possibilità finalmente di trattare il porto non più come un enclave, ma come una parte del sistema industriale italiano, cioè con tutte le possibilità che la portualità italiana offre, noi saremo felici. Se invece si tornerà a visioni molto più chiuse e legate al passato e alla tradizione delle banchine ci sarà del dibattito.
Ci sono gli strumenti per poter investire nelle infrastrutture portuali?
Ci sono dei pronunciamenti estremamente chiari sulla volontà di sburocratizzare che è uno dei fattori fondamentali. Credo che sia la morsa che ha attanagliato la vita portuale e più in generale la vita economica e sociale italiana. Ora speriamo che si possa andare nella direzione di semplificare tutto questo groviglio di burocrazia che sta attorno al porto. Noi siamo portatori di una esperienza assolutamente negativa. Ormai sono anni che abbiamo manifestato la volontà di investire diverse centinaia di milioni di euro nei porti italiani, sia a Spezia che a Ravenna. E siamo nella assoluta incapacità di poterlo fare perché non siamo messi in condizioni di muoverci dalla burocrazia. Come noi immagino ci siano tanti altri privati. E’ molto difficile attrarre capitali stranieri in Italia perché non si danno tempi certi. Mi sembra che ci sia un deciso pronunciamento per andare in questa direzione. C’è una logica di sburocratizzazioni per quello che riguarda i dragaggi, una logica di sburocratizzazione per quello che riguarda le infrastrutture. C’è anche un’altra cosa che abbiamo sempre chiesto: c’è una selezione dei progetti nazionali basata sul fatto che ci sia una partecipazione di privati che rende sicuro il ritorno dell’investimento. E’ chiaro: il privato non investe se non vede una possibilità di ritorno”.
Come state vivendo il caso Spezia, dove aspettate da diverso tempo di poter investire in nuove infrastrutture su aree ancora non disponibili?
Il caso Spezia lo viviamo da una vita. Io sono entrato in questo settore una ventina di anni fa, e sono vent’anni che cerchiamo di sbloccare il caso Spezia. Siamo sempre in attesa dell’ultimo atto, Pensiamo ora di essere vicini, ma non ci facciamo illusioni, perché tante volte siamo stati vicini all’ultimo atto, che poi non è stato l’ultimo. Soffriamo molto perché abbiamo avuto un grande sviluppo dei traffici e abbiamo come sempre a Spezia un problema di spazi a disposizione. Continuiamo a dare occupazione. Anche quest’anno abbiamo assunto un’altra ventina di giovani che in un contesto come quello spezzino rappresenta una progressione virtuosa che continua da decine di anni. Soffriamo moltissimo perché vorremmo dare spazio ai nostri clienti. E vorremmo dare un contributo maggiore alla vita sociale di questa città.
porti e logistica
Simonetti: “Governo sia chiaro, basta con le vecchie logiche sul lavoro in banchina”
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