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“Stiamo parlando della terza città cinese – spiega Roi – il più grande porto meridionale del Paese, con un clima molto caldo e umido. La nostra presenza ha suscitato curiosità non solo per la parte artistica, ma anche per il modello economico. C’è un grande interesse al rapporto con Genova, sia come città portuale sia come centro culturale”.
Allora, forse, c’è qualcosa che Genova sottovaluta. “La mia sensazione – prosegue Roi – è che abbiamo due caratteristiche che suscitano interesse all’estero: una grande tradizione culturale e un’antichissima storia di attività legate al mare. Genova non sottovaluta nulla, ma deve avere più coraggio”.
La cultura, quindi, al centro del modello di sviluppo. “Con la cultura si mangia, si mangia un’enormità. Se qualcuno contasse quanto Pil ha prodotto Giuseppe Verdi, rimarrebbe sorpreso. Le nostre vie non hanno numeri, ma citano nomi di personaggi storici”. Un patrimonio che il Carlo Felice è riuscito in questo caso ad esportare, facendo attenzione non solo alla qualità dell’offerta ma alle relazioni istituzionali. “Ma dobbiamo proporre contenuti nuovi – puntualizza Roi – non solo celebrare il passato”.
Il teatro, pur tra i mille problemi di gestione affrontati, si prepara ad affrontare la grande scommessa: “Vogliamo essere il punto d’incontro della comunità cittadina, al centro degli interessi nobili della città. Per essere ambasciatori della cultura genovese e nazionale – spiega Roi – è chiaro che bisognerà alzare il tiro, avere più ambizione. E farci aiutare un po’ di più da Roma”.
Tra gli appuntamenti imperdibili della stagione, per Roi c’è sempre la prima: “Per l’opera inaugurale la città deve avere l’abito scuro. È un momento importante e servirebbe a dare un segno di partecipazione comune”.
IL COMMENTO
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